Ermete Realacci, presidente nazionale di Legambiente, illustra le proposte per battere smog e traffico

Un decalogo di proposte per battere lo smog e soprattutto il traffico: è questa la proposta di legambiente che ci viene illustrata nel corso dell´intervista a Ermete Realacci, Presidente Nazionale

Un decalogo di proposte per battere lo smog e soprattutto il traffico: è questa la proposta di legambiente che ci viene illustrata nel corso dell´intervista a Ermete Realacci, Presidente Nazionale di Legambiente Legambiente ha recentemente illustrato i risultati delle rilevazioni del Treno Verde; come giudicate la situazione dell´inquinamento nelle aree urbane? Particolarmente pesante. Tutte le città che hanno già attivato il monitoraggio del Pm10, le famigerate polveri sottili, hanno ad esempio registrato continui sforamenti dei livelli di pericolosità stabiliti dall´Unione europea. E particolarmente drammatica è anche la situazione per altri inquinanti a partire dal benzene, una sostanza altamente cancerogena presente nella benzina senza piombo. Contemporaneamente ai dati del Treno Verde avete presentato il vostro ´decalogo´ di richieste per battere il traffico e lo smog; come pensate di portare avanti queste richieste?  Abbiamo due livelli differenti di intervento. Quello nazionale, dove la legge Lunardi propone una gran quantità di opere strategiche per la mobilità, oltre 250, ma dimentica completamente la sfera urbana. Quella locale, dove a dispetto delle continue emergenze la stragrande maggioranza delle amministrazioni adotta solo misure tampone: blocchi estemporanei del traffico, targhe alterne, generici appelli a non usare l´auto privata.  Nei prossimi 10 anni l´Italia ha pianificato una spesa in infrastrutture stradali, autostradali e ferroviarie pari a 125.858 milioni di euro. Questa enorme mole di investimenti alimenta un ulteriore rafforzamento dell´attuale squilibrio modale, puntando soprattutto sulla costruzione di strade a autostrade e in misura molto minore sul trasporto ferroviario (nei prossimi tre anni ad esempio per ogni milione speso solo 300mila euro andranno al ferro mentre ben 700mila euro andranno alla gomma). Delle oltre 250 opere ritenute prioritarie dal Governo inoltre solo una minima parte riguarda la mobilità urbana per la quale è prevista, sempre nel prossimo decennio, la somma di 15.150 milioni di euro. Eppure sono proprio le aree urbane e le grandi aree metropolitane a denunciare i più elevati livelli di pressione ambientale e di congestione da traffico, ed è in questa direzione che occorre orientare una quota significativa dei nuovi investimenti. Nonostante questa evidente dimensione emergenziale del traffico e dell´inquinamento nelle aree urbane c´è un forte divario negli investimenti: alla mobilità cittadina è oggi destinato appena il 12,03% della somma complessiva destinata alle opere pubbliche del settore trasporti. E la percentuale è decisamente più bassa se a quei 15.150 milioni di euro sottraiamo le somme destinate a tangenziali, nodi ferroviari urbani e attraversamenti autostradali. Dobbiamo dunque fare azioni capillari, accompagnati da proposte concrete, per garantire adeguati investimenti alla reti di trasporto pubblico a servizio delle aree urbane e metropolitane. Riteniamo dunque necessario vincolare almeno il 25% degli investimenti pubblici nazionali al trasporto collettivo. Prendendo dunque le attuali previsioni di spesa dello Stato l´ipotesi è quella di destinare almeno 3.000 milioni di euro l´anno a nuove realizzazioni per il trasporto locale. Quanto alle amministrazioni locali, le loro politiche si devono armonizzare e soprattutto gli interventi per la mobilità devono diventare sempre più strutturali e sempre meno casuali. La prima richiesta che fate nel vostro decalogo riguarda l´istituzione di corsie preferenziali per almeno il 75% della rete di trasporto pubblico cittadino; pensate che sia un obiettivo realistico?  Rispondo citando con un caso concreto. A Roma la risistemazione viaria di un quartiere (il quartiere Africano) dove risiedono 150mila abitanti e dove transitavano quotidianamente 300mila autovetture (trasformazione in ´strada verde´ riservata esclusivamente ai bus di un asse viario ad alta intensità commerciale, realizzazione di corsie preferenziali e creazione di interventi di traffic calming, tra cui nuovi marciapiedi e dissuasori della sosta) ha avuto come effetto quello di un passaggio della regolarità delle corse delle 28 linee che attraversano la zona dal 50% circa al 97,22%. L´efficienza, la regolarità del servizio, la puntualità sono elementi che attraggono passeggeri e che disincentivano l´uso dell´auto privata. Senza le corsie preferenziali e senza i vantaggi che gli itinerari sgombri dal traffico portano, difficilmente si potranno convincere i cittadini a prendere i bus. Ecco perciò che il 75% dei percorsi dei bus in sede protetta può risultare un obiettivo ambizioso, ma se davvero l´Italia vuole investire sul trasporto pubblico è una cifra a cui necessariamente tendere. Intanto si potrebbe comunque partire con obiettivi intermedi: portare nei prossimi 4-5 anni la percentuale di corsie preferenziali al 25% della rete nelle città medio-piccole, dove più forte è la componente degli spostamenti a piedi e in bicicletta, e arrivare invece al 50% nelle grandi aree urbane. Quando qualche amministrazione cerca di realizzare tratti di corsie preferenziali si scontra con le resistenze di varie categorie (commercianti, ecc.); come pensate di far ´pesare´ anche la ´lobby ambientale´ nei processi decisionali di questo tipo?  Torno al caso di Roma. La riorganizzazione del quartiere Africano ha provocato all´inizio feroci proteste, poi a ´conti´ fatti i commercianti hanno visto che non solo era migliorata la mobilità ma che anche gli affari andavano meglio: in strade senza traffico la gente passeggia più volentieri, si ferma davanti alle vetrine… Quando qualcuno ha proposto di tornare alla situazione precedente commercianti e abitanti si sono coalizzati e come prima facevano le barricate contro le limitazioni al traffico poi hanno fatto muro contro qualsiasi dietro front. I fatti, insomma, molto meglio delle chiacchiere, appaiono l´elemento in grado di mettere d´accordo tutti. Questo ed altri punti del vostro decalogo esprimono interessi che sono senz´altro convergenti con quelli delle aziende che gestiscono il trasporto pubblico locale; pensate di promuovere azioni concertate con loro?  Sì. Come c´è oggi una molto forte lobbie dell´auto privata vorremmo che nascesse una altrettanto forte lobby del trasporto pubblico che unisca le aziende, gli utenti, le associazioni ambientaliste e dei consumatori. C´è già un percorso comune avviato. Staremo a vedere dove porterà. Con una delle vostre richiesta proponete l´istituzione di un fondo urbano per il trasporto sostenibile. Negli ultimi anni sono state destinate risorse decrescenti per il finanziamento del trasporto pubblico; cosa pensate si potrebbe fare per invertire questa tendenza?  Istituire un fondo nazionale del trasporto locale, finanziato con i proventi di parte della tassazione sui carburanti e di parte degli introiti dei parcheggi comunali a pagamento, per coprire i costi del trasporto pubblicoI proventi totali del trasporto pubblico coprono appena il 35% delle spese per la gestione del servizio. Una percentuale che sale lievemente nel caso delle tramvie (dove il rapporto proventi totali/costi totali è di 4 a 10) e in maniera più sensibile per le metropolitane dove la vendita di biglietti, abbonamenti e altri servizi copre almeno il 50% delle spese. Queste cifre sono molto lontane dai rapporti introiti/costi di alcune città europee: a Dublino entrate e uscite sono ad esempio quasi in pareggio (i ricavi della vendita dei servizi coprono circa il 96% dei costi), a Londra c´è un rapporto del 79% e a Madrid del 75%. Parallelamente si può citare un altro dato che vede ogni cittadino spendere mediamente in un anno 3.000 euro per la mobilità privata e appena 180 euro per quella pubblica. Una forbice determinata anche dalla disponibilità procapite di vetture private che vede il nostro Paese ai primi posti delle graduatorie mondiali con quasi 69 autovetture ogni 100 abitanti. Tale disponibilità si traduce nella propensione all´impiego dell´auto per gli spostamenti , soprattutto laddove i soli costi variabili relativi all´impiego dell´auto propria siano quasi esclusivamente quelli relativi al carburante.. Per contro l´uso dell´auto privata in città determina consistenti costi esterni, in termini di inquinamento atmosferico, acustico, incidentalità, congestione della rete stradale, occupazione di suolo pubblico. Ecco allora che una politica di progressiva internalizzazione di tali costi (attuata ad esempio mediante una diversa tariffazione della sosta nelle aree più sensibili e congestionate e tramite una diversa ripartizione della tassazione sui carburanti) può intanto fornire un efficace segnale di prezzo all´utente. Ma nello stesso tempo, e in misura maggiore, può determinare un gettito di risorse finanziarie da destinare al trasporto pubblico con il duplice scopo di potenziare il servizio senza dover intervenire in misura rilevante sulle tariffe. Destinando ad esempio al trasporto pubblico 3 cent di euro per ogni litro di carburante venduto in Italia si otterrebbe una cifra annuale pari al 15% dei costi della produzione di tutte le aziende di trasporto pubblico locale Il trasporto pubblico locale sta vivendo un processo di liberalizzazione; come giudicate questa fase di trasformazione?  Non è concettualmente giusto o sbagliato liberalizzare, bisogna vedere cosa comporta nella sostanza. Le competenze in materia di trasporto pubblico locale saranno trasferite alle regioni e qui l´interrogativo è: verrà trasferito solo il debito che le aziende hanno oppure questa spinta federalista sarà preceduta da una cospicua dote in termini di progettualità e finanziamenti? E ancora: l´azienda di La Spezia, per prima, si sta già avviando a grandi falcate verso il mercato e presto sarà seguita da altri. E nasce un secondo interrogativo: le logiche che seguirà la Spa saranno esclusivamente logiche di mercato oppure verrà garantito il fatto che un servizio di trasporto pubblico deve poter rispondere alle esigenze di tutta una città e non solo di quella parte che porta guadagno? In breve: la prima trasformazione di cui ha bisogno il trasporto pubblico è quella improntata a un complessivo miglioramento della sua efficienza. Prerequisiti che possono avere effetti benefici anche in vista delle liberalizzazioni. Quando i servizi di trasporto pubblico urbano saranno affidati attraverso le gare, sarà sempre possibile incentivare forme di trasporto non inquinante come gli autobus a metano o i minibus elettrici?  Si tratta di creare, come dicevo prima, un meccanismo di regole che i privati devono seguire. D´altronde prende sempre più corpo l´ipotesi che in città possano circolare mezzi sempre meno inquinanti. Fra le vostre richieste c´è il miglioramento dei servizi ferroviari metropolitani; ritenete che Trenitalia si muova in questa direzione?  Quello ferroviario è uno dei modi di trasporto più ecologici, in termini di emissioni, di territorio consumato, di sicurezza. L´attenzione in questi ultimi anni è stato però troppo indirizzata all´alta velocità trascurando quella bassa: i pendolari che utilizzano il treno in Italia sono milioni. Hanno diritto a un servizio migliore. In Francia la dotazione di trasporto urbano su ferro (tranvie e metropolitane) è infinitamente maggiore che in Italia; nel nostro Paese da più di dieci anni sono stati stanziati migliaia di miliardi per progetti analoghi, che però tardano ad essere realizzati. Perché le nostre città non riescono a colmare questo deficit infrastrutturale?  Incapacità, indolenza, inerzia. E non dimentichiamo tangentopoli che ha orientato le scelte verso singole opere, mastodontiche, che potevano movimentare enormi quantità di denaro. Bisogna agire anche sulla cultura della pubblica amministrazione, cambiare le scalette delle priorità. La vera emergenza opere pubbliche oggi abita in città. Bisogna farlo capire anche agli amministratori.  Marco Talluri – clickmobility.it

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