Da Ubaldo Marra, Presidente di Setram, riceviamo e volentieri pubblichiamo… La notizia, pubblicata da Clickmobility, che la Provincia di Arezzo ha incassato 8 milioni di euro dalla vendita del 30%
Da Ubaldo Marra, Presidente di Setram, riceviamo e volentieri pubblichiamo…
La notizia, pubblicata da Clickmobility, che la Provincia di Arezzo ha incassato 8 milioni di euro dalla vendita del 30% di azioni della Linea Ferroviaria (L.F.I.), per destinarli alla manutenzione degli edifici di proprietà della Provincia, all´ edilizia scolastica e alla manutenzione delle strade provinciali induce, inevitabilmente, ad alcune riflessioni: la prima delle quali è che è forte la tentazione degli enti locali di ´fare cassa´, attraverso le dismissioni dalle società di gestione dei servizi pubblici.
E´ giusto? E´ opportuno? E´ necessario? Le risposte potrebbero essere – e sono- tante, anche di segno contrario.
Di certo c´è che le eventuali dismissioni giungono in un momento difficile per gli enti locali;
senza ´entrare in politica´, occorre dire che le risorse destinate dal Governo centrale a Comuni Provincie e Regioni, sono sempre di meno, a fronte anche di un aumento di competenze derivanti dal passaggio di nuove funzioni, alle quali non sempre sono corrisposti fondi aggiuntivi.
La risposta più facile per i responsabili di bilancio risulta, quindi: vendere.
Domandiamoci allora : la politica di vendita delle quote di partecipazione nelle aziende di servizi pubblici risponde ad una strategia di miglior gestione del territorio?
La risposta affermativa dovrebbe essere conseguente alle scelte sul modello di gestione e sulle finalità di partecipazione alle società medesime.
Negli anni ´70, nel settore TPL la partecipazione da parte degli Enti Locali a consorzi, prima, ed alle società, anche per azioni, poi, chiamati a gestire il servizio di trasporto pubblico, rispondeva ad un preciso obiettivo : garantire, da un lato, il calmierare i prezzi delle tariffe all´ utenza e, dall´altro lato, garantire la socialità del servizio, nel rispetto delle norme contrattuali per i lavoratori.
Questo obiettivo nel tempo non è cambiato, ma sono cambiati i tempi e,con essi, le modalità di spostamento dei cittadini : sempre più macchine , sempre meno autobus, giungendo, così, ad una dilatazione inammissibile dei costi, che non poteva più garantire la qualità del servizio.
Da qui la necessità di rivedere le funzioni degli Enti Locali chiamati oggi a garantire il rispetto di ´servizi minimi´, che soddisfino il diritto alla mobilità delle persone, che non necessariamente deve realizzarsi con autobus e treni ´sotto casa´.
In questo terreno trovansi le fondamenta degli ultimi contratti nazionali del settore TPL e le leggi di riforma sia a livello regionale che nazionale.
Oggi l´interesse primario degli enti locali non può che essere individuabile nell´organo chiamato alla realizzazione delle gare ed al controllo del loro esito; nonché alla politica della mobilità nella sua interezza ed al coordinamento delle scelte di Enti Locali, per lo meno su scala provinciale.
Viceversa, la partecipazione alle società di gestione ha perso ogni rilevanza dal punto di vista delle politiche del territorio; può averlo ancora seguendo una logica più strettamente economica, ma che rischia di scontrarsi immediatamente con gli interessi primari degli organi di indirizzo.
Questi possono avere la più disparata forma giuridica: uffici direttamente controllati dalla Provincia o dal Comune; agenzie della mobilità; società immobiliari per azioni; consorzi di funzioni; consorzi
di impresa economica e… chi più ne ha, più ne metta. Non ha importanza che questo organo sia ´pesante, leggero, strutturato, ricco, povero, flessibile ecc. ecc.´, è importante che sia autorevole, sia, cioè, investito direttamente delle funzioni di coordinamento delle mobilità che fanno capo agli enti locali.
Troverebbero così giustificazione le dismissioni, quali quella della provincia di Arezzo dalla LFI;
viceversa suonano come progetti di recupero nelle manovre di bilancio.
Si porrebbe allora un ulteriore quesito : è giusto destinare le risorse così ricavate in progetti dell´ente dove c´è bisogno immediato (nel caso di Arezzo edilizia scolastica e proprietà immobiliari dell´Ente)?
E´ evidente che non c´è nessuna illegittimità, ma non vi è alcun dubbio che quelle risorse sono ricavabili grazie alla politica degli Enti Locali nel TPL negli ultimi 25/30 anni e si riterrebbe, perciò, opportuno destinarli alle politiche della mobilità- o in senso lato dell´ ambiente-, ad esempio per il rinnovo del parco mezzi o del materiale rotabile; per garantire standard di qualità più elevati; per assicurare miglior condizioni economiche ai lavoratori del settore -in particolar modo i neoassunti-.
Al momento non c´è nessuna legge che ponga vincoli di questa natura, ma l´occasione della prossima Finanziaria, potrebbe risultare utile per un approfondimento sulla eventuale introduzione di una percentuale obbligatoria del ricavato dalle dismissioni, vincolata al settore di riferimento delle aziende vendute.
Non è necessario fare riferimento unicamente al TPL, bensì agli altri settori dei servizi pubblici:
è giusto, ad esempio, che si dismettano le partecipazioni in società di gestione dei servizi idrici, senza destinare alcunché a progetti di ristrutturazione della stessa rete idrica che, notoriamente, ´ fa acqua´, disperdendo gran parte del carico, prima di arrivare nelle case dei cittadini?
Sia aperto il dibattito.
Ubaldo Marra – Presidente Atr-Forlì