La Corte raccomanda che la scelta delle modalità degli investimenti sia ispirata ai principi–guida dell’efficacia

Roma. La Corte dei Conti mette a segno indagine sui costi di infrastrutture e Alta velocità

Roma. La Corte dei Conti mette a segno indagine sui costi di infrastrutture e Alta velocità

Analizzata la gestione dei debiti contratti dalla holding Ferrovie dello Stato e successivamente accollati allo Stato, per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie e del sistema “Alta velocità”

La Sezione centrale controllo sulla gestione della Corte dei conti ha analizzato la gestione dei debiti contratti dalla holding Ferrovie dello Stato e successivamente accollati allo Stato, per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie e del sistema "Alta velocità".

L'analisi della Corte ha messo in evidenza, fra L'altro: genesi e modalità del debito accollato allo Stato ed effetti negativi della stipula di contratti derivati, mancato raggiungimento di obiettivi, carenze nella "chiarezza e trasparenza sugli effetti delle gestioni manageriali delle holding pubbliche" e nella verifica sulL'operato dei manager pubblici e, per finire, sproporzione tra entità e durata degli investimenti e beni acquisiti attraverso il relativo indebitamento, con conseguente pregiudizio delL'equità intergenerazionale.

Delibera n. 25/G/2008 della Sezione centrale controllo Stato e testo della relazione

In merito ai debiti analizzati si delineano gli investimenti relativi alla rete tradizionale risalenti agli anni novanta, in parte afferiscono alla operazione Alta Velocità e sono conseguenti all’abbandono precoce del project finance, promosso dalla ormai disciolta Società Infrastrutture, nata nel 2002.

L’analisi della Corte ha messo in evidenza come, nel primo caso, sia stata posta in essere una sorta di cosmesi contabile al bilancio FF.SS., accollando all’Erario una consistente tranche del debito della holding, al fine di migliorarne indirettamente il conto economico.

Nel secondo caso, molto più complesso, è venuta in evidenza la carente istruttoria, che condusse ad adottare uno strumento di finanza innovativa come la istituzione di un patrimonio separato ISPA per finanziare le infrastrutture dell’Alta Velocità.

La Corte ha posto l’accento sulle carenze metodologiche del processo decisionale che ha condotto all’adozione della complessa operazione: nessuno studio di fattibilità attendibile aveva quantificato la vantaggiosità di tale operazione rispetto al sistema creditizio tradizionale per realizzare gli investimenti.

Il patrimonio separato si è rivelato sostanzialmente inconsistente in quanto basato su ricavi futuri stimati approssimativamente e, per di più, gravanti direttamente o indirettamente su risorse pubbliche (sfruttamento delle tratte da parte di gestori, in prevalenza pubblici, di trasporti ferroviari, integrazioni a piè di lista caricate direttamente dalla legge sull’Erario).

Elemento preoccupante accertato dalla Corte è il mancato collegamento delle gestioni patrimoniali delle società pubbliche con quelle dello Stato: in particolare gli effetti sugli ammortamenti dei beni e sul patrimonio interessato alle traslazioni del debito non sono specificati od evidenziati in nessun documento a corredo del bilancio statale. Questo mancato collegamento impedisce chiarezza e trasparenza sugli effetti delle gestioni manageriali delle holding pubbliche, caratterizzate da ricorrenti deficit e da operazioni “pulizia” ciclicamente sopportate dall’Erario.

Elementi di forte rischio emergono dai rapporti negoziali attivi e soprattutto passivi ereditati dallo Stato: complesse clausole finanziarie penalizzano spesso la parte pubblica, la quale,  anche a causa della insufficienza di un’azione conoscitiva di supporto, tende ad eseguire pedissequamente gli articolati contrattuali, senza valutare l’opportunità di azionare opzioni in essi contenute.

Manca un’azione costante di verifica sull’operato dei manager pubblici, dai quali si ereditano gli effetti delle decisioni, con il risultato che gravi errori da questi commessi non vengono valutati sotto il profilo di una ipotetica responsabilità sociale.

L’analisi critica della Corte si sofferma sul mancato rapporto tra l’entità e la durata degli investimenti e quelle dei beni acquisiti attraverso il pertinente indebitamento. A parte il fatto che nei bilanci privatistici delle Società interessate a tali operazioni mancano sovente strumenti certi per verificare il rispetto dei vincoli di destinazione dei prestiti (in molti casi vi è il fondato sospetto che gli stessi servano ad alimentare la copertura di costi correnti), non di rado la lunghezza di questi collide con i tempi di obsolescenza dei beni acquisiti.

Quel che è più grave, queste operazioni pregiudicano l’equità intergenerazionale, caricando in modo sproporzionato su generazioni future (si arriva in alcuni casi al 2060) ipotetici vantaggi goduti da quelle attuali. Sotto questo profilo la vicenda in esame è considerata dalla Corte paradigmatica delle patologiche tendenze – della finanza pubblica – a scaricare sulle generazioni future oneri relativi ad investimenti, la cui eventuale utilità è beneficiata soltanto da chi li pone in essere, accrescendo il debito pubblico, in contrasto con i canoni comunitari.

Dopo avere affermato il dovere di vigilanza e controllo degli uffici dell’amministrazione statale sui debiti ereditati, la Corte raccomanda una maggiore trasparenza sulla illustrazione e gestione dei debiti accollati, sottolineando come tali operazioni, di regola eccezionali, stiano diventando ipotesi periodicamente ricorrenti per alleviare i deficit in costante espansione delle società gerenti i servizi pubblici.

La Corte sottolinea, altresì, l’esigenza di un raccordo trasparente tra le scritture patrimoniali dello Stato e delle Società partecipate, al fine di evitare la dispersione improduttiva di consistenti risorse pubbliche.

Viene rilevata, infine, l’esigenza di supportare con puntuali istruttorie ogni decisione in questo delicato settore, sia essa assunta in ambito societario, che legislativo o amministrativo. Le istruttorie non dovrebbero essere apodittiche o ripetitive di tessuti normativi criptici, ma caratterizzate da un preventivo studio delle alternative possibili, delle tecniche di valutazione adottate per le scelte effettuate, dei risultati attesi e dei possibili margini di scostamento.

In definitiva, la Corte raccomanda che la scelta delle modalità degli investimenti sia ispirata ai principi–guida dell’efficacia, secondo cui la fonte di finanziamento dovrebbe generare le risorse necessarie per farvi totalmente o parzialmente fronte e dell’efficienza, che dovrebbe indurre a scegliere la soluzione che ottimizza al massimo grado, a parità di risultati, il costo delle risorse. Ciò nella fondamentale prospettiva dell’equità intergenerazionale, in base alla quale i soggetti che beneficiano dell’investimento dovrebbero essere anche quelli chiamati a ripagarne i correlati debiti.Manu Mich. – clickmobility.it

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