L'imposizione contenuta in manovra accresce costi produzione

Roma. Antitrust boccia norma sul CCNL del settore ferroviario

Roma. Antitrust boccia norma sul CCNL del settore ferroviario

“Il Gruppo FS beneficia tuttora di una rilevante integrazione verticale e di una posizione di preminenza sul mercato; ciò comporta che le imprese del Gruppo operano sovente senza una consistente pressione competitiva, potendosi con ciò permettere di trasferire parte della rendita ai fattori produttivi”

La neccessità di un contratto nazionale ferroviario é "fuori discussione" ma la modifica introdotta dalla manovra, che prevede che tutte le imprese debbano osservare contratti collettivi nazionali, 2presenta profili critici sotto il profilo concorrenziale".

Lo si legge in una segnalazione dell'Antitrust, secondo cui "l'imposizione a tutte le imprese ferroviarie del CCNL si tradurrebbe in un accrescimento significativo dei costi di produzione per le imprese concorrenti di Trenitalia".

L’Antitrust quindi boccia l’applicazione del contratto collettivo nazionale del lavoro alle imprese ferroviarie operanti sul territorio nazionale contenuta nella manovra-bis. Per effetto della disposizione inserita nel maxi-emendamento, le imprese ferroviarie, anche le nuove entranti, dovranno “osservare” anche i contratti collettivi nazionali di settore e le prescrizioni in materia di “condizioni di lavoro del personale”.

“Sul punto – osserva l’Antitrust – , se da un lato la necessità di un contratto nazionale del settore ferroviario appare fuori discussione, dall’altro, la modifica in questione presenta profili critici sotto il profilo concorrenziale, sui quali l’Autorità in passato si è espressa più volte. Infatti, l’imposizione a tutte le imprese ferroviarie dell’adozione del CCNL di settore, si tradurrebbe in un accrescimento significativo dei costi di produzione per le imprese concorrenti di Trenitalia, specialmente per quelle che sono entrate nel mercato a seguito della liberalizzazione ed hanno organizzato le proprie relazioni industriali non prevedendo l’applicazione di tale contratto. La questione assume dunque particolare rilievo sia per i nuovi entranti nel trasporto passeggeri a media/lunga percorrenza e ad alta velocità, che per i numerosi e qualificati operatori in concorrenza con l’ex-monopolista già presenti nel trasporto ferroviario merci”.

“Il Gruppo FS – rileva l’Antitrust – beneficia tuttora di una rilevante integrazione verticale e di una posizione di preminenza sul mercato; ciò comporta che le imprese del Gruppo operano sovente senza una consistente pressione competitiva, potendosi con ciò permettere di trasferire parte della rendita ai fattori produttivi (tra i quali il fattore lavoro)”.

L’Autorità era già intervenuta una prima volta con una segnalazione analoga sull’imposizione per legge dell’adozione di un determinato tipo di CCNL sottolineando come apparisse eventualmente più appropriata per i soli aspetti del contratto che producono effetti sulla sicurezza dei trasporti, piuttosto che anche a quelli meramente economici.

Nella stessa segnalazione, l’Autorità aveva giustificato il proprio intervento con il timore che una disposizione normativa di tal genere potesse “ridurre la concorrenza nel settore, appena liberalizzato, laddove risultasse idonea ad imporre ai nuovi entranti di pagare un fattore produttivo di primaria importanza, quale il lavoro, ad un prezzo simile a quello sopportato fino ad oggi solamente dall’ex monopolista, il quale tuttavia operava in assenza di qualsivoglia pressione competitiva: i lavoratori dei settori con forti barriere legali all’ingresso godono di un trattamento più favorevole della media grazie alla rendita monopolistica delle imprese ivi operanti” e che “tale fenomeno prescinde dall’effettivarealizzazione di extra profitti monopolistici, in quanto la rendita del monopolista (a maggior ragione se pubblico) viene spesso impiegata a favore di tutti i soggetti che a vario titolo hanno rapporti con l’impresa invece che dei soli azionisti.

Pertanto, ciò che suscita timori per le prospettive competitive del settore è la circostanza che il contratto unico eventualmente imposto alle imprese ferroviarie possa nella sostanza essere molto simile, in termini di costo complessivo del lavoro, a quello applicato dall’ex monopolista non sembrando questa eventualità lo strumento più adeguato per garantire la tutela della concorrenza. Diversamente, un nuovo contratto nazionale diverso da quello dell’ex-monopolista, lasciando più spazio alla contrattazione integrativa a livello aziendale, meglio si adatterebbe alle caratteristiche dei nuovi entranti e alla nuova struttura del settore”.

L’Autorità aveva ribadito le possibili distorsioni concorrenziali conseguenti alla scelta di mutuare i parametri del contratto collettivo nazionale dal contratto aziendale dell’ex-monopolista, nella segnalazione AS453, evidenziando come l’applicazione di tale contratto, da un lato, non rappresenti lo strumento più adeguato per garantire l’equilibrio tra tutela dei diritti dei lavoratori e tutela della concorrenza e, dall’altro, sia suscettibile di “incidere negativamente sull’evoluzione di settori formalmente liberalizzati, ma non ancora pienamente concorrenziali”, quali quello in esame.

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