Il piano dei trasporti francese del 2011 prevedeva una spesa di circa 245 miliardi per potenziamenti, miglioramenti e nuove opere in campo stradale, marittimo e ferroviario. Dopo il cambio di presidenza, ne è stata affidata la revisione a una commissione di esperti. Che ha rovesciato le priorità
Non solo noi italiani dobbiamo tirare la cinghia, secondo Fmi e Commissione UE. Anche la Francia sta cercando, obtorto collo, di rivedere la propria grandeur.
Per quanto riguarda la mobilità, lo Snit (schéma national des infrastructures de transport) nella versione del novembre 2011 prevedeva una spesa di circa 245 miliardi di euro per potenziamenti, miglioramenti e nuove opere in campo stradale, marittimo (sia porti che canali) e ferroviario nell’orizzonte 2030-2040, cui andavano aggiunti 8,5 miliardi di euro all’anno per i contributi statali per il trasporto collettivo in provincia e nell’Ile de France. Ora ci si è resi conto dell’insostenibilità finanziaria del piano. Il cambio di presidenza e le condizioni economiche della Republique hanno spinto il ministro con delega ai Trasporti, al Mare e alla Pesca, Frédéric Cuvillier, a nominare una commissione di politici esperti (ben sei, uno per ogni gruppo di partiti rappresentati nell’Assemblea nazionale e nel Senato, con attenzione anche ai territori di provenienza) che si è insediata il 17 ottobre 2012. Il 27 giugno 2013 la commissione presieduta da Philippe Duron, deputato Ps e sindaco di Caen, ha presentato il proprio rapporto finale intitolato Mobilitè 21 – Pour un schéma national de mobilité durable (http://www.ladocumentationfrancaise.fr/rapports-publics/134000396-mobilite-21-pour-un-schema-national-de-mobilite-durable).
A qualcuno le conclusioni potrebbero sembrare troppo prudenti, ma considerando anche ruolo e carriera dei nove alti dirigenti della pubblica amministrazione francese che hanno supportato l’analisi della commissione e tutti gli attori interni ed europei incontrati (nessuno dell’Italia, naturalmente) non ci si sottrae all’ennesimo moto di invidia.
Dai grafici e dalle simulazioni prodotte si conclude che la quantità e l’onerosità dei progetti di linee ad alta velocità (Lgv) e di nuove autostrade avrebbero comportato gravi problemi di bilancio per la Agence de financement des infrastructures de transport de France (che ricorda stranamente la nostra Infrastrutture spa), in grado di compromettere gli obiettivi di stabilità finanziaria dello Stato. FERROVIE CON NUOVE PRIORITÀ L’analisi del comparto ferroviario, in particolare, svela che il sistema statale francese (Rff+Sncf) richiede ogni anno contributi pubblici per circa 12,5 miliardi di euro da Stato e Regioni (i proventi del traffico arrivano a malapena a 10 miliardi), mentre si prevede che il suo indebitamento, a quota 32,5 miliardi nel 2010, raggiunga i 61 miliardi nel 2025, considerato che strutturalmente la gestione dell’infrastruttura richiede 1,5 miliardi/anno e altrettanti sono necessari per il finanziamento delle Lgv in costruzione. Approfondendo la analisi delle infrastrutture ferroviarie ad alta velocità esistenti, in costruzione e programmate, la commissione, in entrambi gli scenari di pianificazione proposti, mantiene nell’orizzonte 2030-2040 le quattro linee in costruzione: Tours-Bordeaux, Bretagna-paesi della Loira, by-pass Nimes-Montpellier e la seconda fase Parigi-Strasburgo; tra quelle progettate si salva solo la Bordeaux-Tolosa. Per tutte le altre se ne riparla dopo il 2030-2040 dato che l’“inserimento nella rete europea Ten-T non è di per sé sufficiente a definire la priorità di realizzazione” (paragrafo 4.4, pag. 15).
Tradotto in parole semplici: la linea Av Torino-Lione per adesso non si fa, se ne riparla dopo il 2030-2040.
Ma soprattutto, da ora in avanti si dovrà dare la priorità ai nodi e alle infrastrutture per il trasporto dei pendolari nelle grandi aree urbane. Bon jour mon chemin de fer!
E ancora: l’ammodernamento e la manutenzione straordinaria sono più importanti della costruzione di nuove linee. Il salvataggio del servizio ferroviario merci è fondamentale, come anche la sua capillarità.
Un bagno di umiltà non guasterebbe anche nella Repubblica Cispadana. O come al solito dei francesi vediamo solo la grandeur e non il realism?