WWF Genova: sostegno ai cittadini che protestano contro i tagli dei bus in Valbisagno: la protesta va portata a Tursi

WWF Genova, contro i tagli dei bus la protesta va portata in Comune

WWF Genova, contro i tagli dei bus la protesta va portata in Comune

Per il WWF Genova i tagli derivanti dalla revisione della rete AMT (a cominciare da quelli alle linee 12, 13 e 14) non sono un'iniziativa estemporanea di AMT, ma conseguenza di una delibera votata dal Consiglio Comunale, questi tagli, e altri "ancora più devastanti che si preparano per il futuro, sono (e saranno) una conseguenza della delibera di Giunta n. 53 del 27 Luglio 2012 “A.M.T. S.p.A.: linee di indirizzo” – quella che nella vulgata doveva “salvare AMT” – delibera in cui si è dato mandato ad AMT stessa di mettere in campo tutta una serie di interventi per la riduzione dei costi."

Il WWF Genova invia alcune considerazioni in merito alla seduta di Commissione di Mercoledì 9 Ottobre 2013 relativa alla revisione della rete AMT.   Tra gli interventi previsti da quella delibera, assieme a molti altri negativi (ricordiamo quello relativo alla rinegoziazione della tariffa integrata, che ha messo in pericolo una delle cose più importanti fatte per il TPL a Genova, e di cui a lungo si è occupato il Consiglio Comunale), risulta esserci anche la solita strategia della riduzione del servizio in termini di km erogati.   Anche se l'erogazione dei km non è l'unico parametro da tenere in considerazione, è evidente che ben difficilmente un loro taglio può tradursi in un miglioramento del servizio.   Poi si può anche disquisire sulla capacità di AMT di fare “più o meno bene” i tagli, ma è un dato di fatto che i tagli in Valbisagno siano la declinazione in concreto di un mandato politico dato dal Consiglio Comunale.    Mandato politico che è stato ulteriormente rinforzato con l’ultima delibera di Maggio 2013, quella che aumentava le tariffe e recepiva l’ennesimo accordo sindacale e il Protocollo con Regione Liguria e Trenitalia in cui era scritto chiaramente che AMT avrebbe proceduto al taglio del servizio (vedi il seppur “congelato” Piano Industriale AMT di Aprile 2013).    Esortiamo i Consiglieri Comunali tutti a valutare con molta attenzione nel futuro la portata e le conseguenze delle delibere votate, spesso presentate sotto una luce distorta e che si rivelano invece all'atto pratico gravide di pesanti e negative conseguenze.   Alcuni stralci dal comunicato di WWF Genova 1. Il taglio del servizio non solo non "salva" AMT, ma "uccide" il trasporto pubblico! Ridurre il servizio per ridurre i costi è una strategia fallimentare che, a fronte di qualche risparmio nell'immediato, ha come conseguenza un'ulteriore disaffezione dell'utenza nel medio periodo.   L'impostazione “aziendacentrica” che ha come obiettivo il salvataggio dell'azienda AMT “costi quel che costi” non può che portare a conseguenze negative e solo per la mobilità cittadina nel suo complesso, in quanto contribuisce in modo significativo alla crisi di AMT, rimandando solamente l’approdo finale al fallimento dell’azienda che si intende salvare.    È infatti assurdo tentare un salvataggio di un’azienda a prescindere dalle ragioni per cui l'azienda esiste, ovvero fornire un soddisfacente servizio di trasporto pubblico. E tutto ciò con la totale perdita di vista da parte dell’Amministrazione Comunale dell'obiettivo politico principale che gli dovrebbe (speriamo) essere proprio, ovvero quello della mobilità sostenibile.    È opportuno ricordare che nelle delibere citata precedentemente, i cui effetti negativi si sono già palesati nel concreto, è completamente assente il principio del miglioramento del servizio.    Altri sono gli interventi complessivi da mettere in campo per ridurre i costi di gestione del trasporto pubblico e quello del disavanzo di bilancio dell’azienda:    − efficientamento del servizio con l'aumento della velocità commerciale, attraverso la realizzazione di corridoi di qualità: cioè non semplici strisce gialle dipinte per terra, magari discontinue e inserite a prescindere da valutazioni sull'impatto che esse possano avere ma interventi organici e seriamente pianificati che garantiscano una regolarità dei transiti per il trasporto pubblico di superficie.   Quindi non assi “a tempo” contemporaneamente area di sosta per i veicoli ma percorsi continuativi da capolinea a capolinea, adeguatamente protetti, con la semaforizzazione in funzione dei transiti del bus che evitino stop superflui, che facciano coincidere le soste per la discesa e salita dei passeggeri con le soste semaforiche, aventi zone di fermata che consentano veloci e comode salite e discese abbattendo i tempi di incarrozzamento, con il bus che può accostarsi in modo preciso al marciapiede.    − Priorità negli investimenti dirottando i pochi soldi pubblici verso interventi a favore del TPL, togliendoli alle infrastrutture legate all’uso dei veicoli privati a motore (strade e parcheggi).   Grida vendetta lo sperpero di denaro pubblico impiegato per la faraonica “strade a mare” in via di realizzazione tra Cornigliano e Sampierdarena, così come quello impiegato per il fantomatico parcheggio di interscambio (?) a Dinegro (!); ma anche il milione di euro sprecati per rifare un inutile guard rail in Corso Europa.    − Perseguimento di ogni strumento atto a ridurre i vantaggi all’uso dei veicoli privati a motore sia dal punto di vista urbanistico (vedi ad esempio il caso degli Erzelli) sia dal punto di vista della regolazione del traffico (vedi ad esempio le rotatorie, che seppur strumenti per la moderazione del traffico sono usati quali strumenti di fluidificazione del traffico).    − E infine reale impegno politico dell'Amministrazione Comunale, nel richiedere che il TPL venga adeguatamente finanziato a livello centrale; il che significa 2 cose:    a) coerenza politica degli esponenti politici facenti di schieramenti che sono al governo ai vari livelli (locale, regionale e nazionale);    b) impegno dell'amministrazione nel richiedere risorse per il trasporto pubblico (servizio ed infrastrutture) e non per altre costose e dannose infrastrutture al servizio del traffico privato motorizzato (bretelle, gronde, autostrade a mare, strade di sponda, tunnel subportuali ecc.).    2. L'interscambio è una cosa seria, per favorire l'utenza e l'organizzazione della mobilità pubblica nel suo complesso, non per risparmiare sui cartellini degli autisti.  L'intermodalità è sicuramente un modello interessante di gestione del trasporto pubblico ma presuppone una gerarchia dei vettori ed un'organizzazione ferrea degli orari in un'autentica logica di convenienza per l'utenza. Interscambio significa cioè: scendo dal treno e trovo in immediata coincidenza il mio bus.  Ha in particolare una sua ragione d'essere tra aree periferiche e tra vettori differenti (ad esempio treno e bus extraurbani) e perde molte delle sue ragioni nel momento in cui questi due aspetti vengano a mancare, traducendosi solamente in quello che in termini tecnici viene chiamata “rottura di carico” che l'utente potrebbe a buona ragione chiamare rottura di palle (scusandoci con il lettore per il termine gergale).  Ovvero, se le rotture di carico non sono ammortizzate dall'organizzazione dell’orario e della rete per garantire ferree coincidenze l’interscambio si traduce in perdita di tempo ulteriore dovuta al cambio di mezzo, e quindi in un danno per l'utenza.  È chiaro che nel momento in cui le linee guida fossero quelle del risparmio economico e non quelle del miglioramento del servizio, l'interscambio sarebbe solo un danno per i cittadini. E questo è quanto è accaduto fin’ora a Genova e rischia di accadere in misura ancora maggiore.    3. La metropolitana come grimaldello per tagliare il servizio: i danni all'utenza provocati dall'interscambio forzato con la metropolitana  Prenderai il metrò, che ti piaccia o no….  Il taglio delle linee in Valbisagno (sempre in coerenza con quanto scritto dalla delibera approvata il 31 Luglio 2013) è in funzione di rendere obbligato un trasbordo a Brignole verso il metrò. È un dato molto grave dal punto di vista delle scelte per la mobilità della città questa scelta del “travaso forzoso” dal mezzo di superficie sulla metropolitana.  Questo concetto era già dichiarato tre lustri fa anche dalla 1°revisione del PUT, del 1999, che prospettava “un'attestazione del maggior numero di linee in corrispondenza della stazioni della metropolitana, indipendentemente da valutazioni di opportunità per l'utenza”. E infatti, un trasbordo obbligato verso il metrò di chi potrebbe e vorrebbe tranquillamente proseguire con il proprio mezzo per raggiungere destinazioni all'interno del centro città non può che essere considerato forzoso.  Certamente si conferma ancora una volta come fin dall'inizio la scelta della metropolitana sia stata una scelta non in funzione di offrire un servizio migliore ai cittadini, ma quello di togliere bus dalle strade, e per due ragioni fondamentali: da un lato risparmiare e dall'altro liberare spazio per i mezzi privati; aspetto, quest'ultimo, che con la sensibilità attuale è quasi anacronistico.    Questo pianificato travaso forzoso, si traduce in una vera e propria rottura di carico inopportuna che si trasforma in aumento dei tempi di percorrenza per gli utenti, considerando i tempi di trasbordo, i tempi di attesa, i tempi per l’accessibilità interna delle stazioni e ulteriore tragitto a piedi per il raggiungimento della destinazione ulteriore.  E si noti che salvo gli utenti specificatamente diretti a Sarzano o al capolinea di Certosa, in tutti gli altri casi una permanenza sul bus persino alle condizioni attuali risulterebbe più vantaggiosa in termini di tempi di percorrenza. Rispetto a Principe l'utilizzo del mezzo ferroviario da Brignole, con frequenze dell'ordine di 7' minuti di media e tempi di percorrenza sui 6' è già ora più conveniente, mentre per una prosecuzione oltre Certosa, ad es. anche solo Rivarolo, il mezzo ferroviario ha come svantaggio solo le frequenze, ma risulta analogo in termini di tempi di percorrenza, oltre a permettere il raggiungimento di Sampierdarena. Su Caricamento per le provenienze dal Centro, conviene addirittura da De Ferrari andare a piedi per San Lorenzo  E prenderai lo stesso il metrò anche se non ci sono i convogli….  Il dato agghiacciante è che non si sa quando arriveranno i nuovi convogli della metropolitana (fine 2014?).   Ovvero: non solo si va verso una scelta di pianificazione della mobilità dannosa di per sé per l'utenza, ma tale scelta si fa anche in assenza di capacità di trasporto.  Quindi sarà non solo un trasbordo forzoso ma lo sarà anche verso un viaggio disagevole, e che in assenza dei nuovi convogli, con i tempi di attesa attuali dell'ordine anche di quasi 10 minuti, si tradurrà in ulteriori pesanti ripercussioni sui tempi persi dai cittadini per muoversi con i mezzi pubblici.  È da segnalare che il modello basato sull’intermodalità trova la sua massima applicazione in un sistema che utilizzi vettori di forza; tra questi è ricompresa anche la metropolitana. Tralasciando che a Genova un vettore di forza esiste già (la ferrovia urbana e suburbana) e quindi una metropolitana era inutile costruirla, è evidente che un vettore di forza può compensare e giustificare le rotture di carico se è un reale vettore di forza in un sistema coerente.   È evidente che a Genova non sussistono queste condizioni (frequenze dilatate, vetture poco capienti, sistema a corredo inadeguato) e anche per queste ragioni la rottura di carico si risolve in un danno per l’utenza.    Occorre ricordare ancora una volta che:    1) il metrò non è e non potrà mai essere un asse di forza per il trasporto pubblico genovese, in quanto interessa solo la parte centrale della città ed una limitatissima parte della Valpolcevera e non offre effettivi vantaggi dal punto di vista dei tempi di percorrenza (considerando a tutto tondo questi aspetti: non solo i tempi di percorrenza in senso stretto, ma anche quelli di attesa e quelli di accesso alle stazioni, tratto in superficie+accesso alla stazione) che sono per le caratteristiche del metrò genovese spropositatamente elevati rispetto all'estensione della linea.    2) la funzione del metrò genovese potrà solo essere quella di un vettore aggiuntivo, totalmente inutile per i 4/5 della città ma la cui realizzazione è stato un fallimento in una valutazione costi- benefici.  Qualche esempio di quello che si sarebbe potuto fare con l'immane quantità di denaro sprecata per la metropolitana (stimabile in quasi 1 miliardo di euro):  a) si sarebbero potuti fare da tempo una parte di lavori – quelli effettivamente utili – sul nodo ferroviario;  b) si sarebbe potuto rinnovare il materiale rotabile ferroviario con materiale adatto ad un servizio di tipo urbano (accessibilità, accelerazione e decelerazione elevate) con la reale possibilità di avere un asse forte della mobilità su scala non solo urbana ma metropolitana e provinciale;  c) si sarebbe potuta già realizzare almeno la tranvia in Valbisagno.  Abbiamo invece un’opera che presenta vantaggi marginali per l'attraversamento del Centro, che si sarebbero potuti ottenere con costi enormemente inferiori attraverso il miglioramento della percorrenza dei mezzi di superficie.  Ma è evidente l'intenzione di partire con questo interscambio forzoso anche in assenza di teorica adeguata copertura dei posti offerti. E, cosa ancor più grave, si approfitta dell’arrivo della metropolitana a Brignole per tagliare servizio in tutta la città anche per linee che nulla hanno a che fare con la metropolitana.    4. Conclusioni    Abbiamo già detto in premessa che la vicenda dei tagli in Valbisagno e nel resto della città è una conseguenza delle delibere del Luglio 2012 e del Maggio 2013 e che quindi quanto è accaduto è responsabilità del mandato politico dato ad AMT.  Siamo convinti che molti tra i consiglieri non abbiano capito che quelle delibere avevano tra le tante conseguenze negative (oltre a quella della messa in pericolo della tariffazione integrata) anche quella di questi tagli e di quelli ancora più gravi che si prospettano in futuro. Tralasciamo in questa sede la pesante manovra che hanno dovuto subire i lavoratori di AMT, che corre il rischio – anche questa volta – di rimanere fine a se stessa in quanto i sacrifici chiesti ed ottenuti non contribuiscono ad eliminare le cause strutturali della crisi dell’Azienda. Ma resta il fatto che è stato approvato un pessimo documento programmatico, che partendo da premesse false (ovvero che le aziende pubbliche di TPL non possano funzionare bene, mentre i casi ATM di Milano e GTT di Torino dimostrano l'esatto contrario) non si è posto in alcun modo l'obiettivo di migliorare e incentivare il trasporto pubblico, ma al contrario si è posto quello di tagliare il servizio (meno servizio = meno debito).    Ribadiamo ancora una volta come sia necessario un cambio di rotta sulla gestione della mobilità a Genova affinché:    – si reimposti totalmente la politica del trasporto pubblico – venga approvato un nuovo documento di indirizzo per AMT – si modifichino le politiche urbanistiche per disincentivare l’uso dei veicoli a motore – si cambino i paradigmi contenuti nel Piano Urbano della Mobilità    Non si dovrà più vedere i genovesi (utenti, lavoratori o semplicemente cittadini) pagare il prezzo altissimo di scelte sbagliate.

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