Dopo Firenze (Ataf) e Genova (Atp) tocca a Torino?

Trasporto pubblico locale, lo shopping di Trenitalia

Trasporto pubblico locale, lo shopping di Trenitalia

Matteo Muzio de Linkiesta interpreta e prova a delineare la strategia FS in un mercato segnato da bilanci in rosso, divisioni, sprechi e scarsi investimenti

Dopo l’acquisizione di Ataf, l’azienda fiorentina di trasporto pubblico, il gruppo Ferrovie dello Stato tramite la sua controllata Busitalia-Sita Nord sta per conquistare la genovese Atp e potrebbe prendersi la torinese Gtt.   Tutto è cominciato il 15 giugno 2012, quando l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato italiane Mauro Moretti annunciò in un’intervista a Il Sole 24 Ore che voleva espandere il campo d’azione del gruppo al trasporto pubblico locale. Dicendo che Busitalia-Sita Nord era nella gara per aggiudicarsi il 100% delle quote di Ataf Gestioni, il ramo di trasporto pubblico locale dell’azienda di trasporto pubblico fiorentina, per vincere, non per partecipare. E il consorzio Ati formato da Busitalia, Cap Prato e Autoguidovie vinse, presentando un’offerta di 18 milioni e 900 mila euro su 12 milioni e 400 mila di base d’asta e con l’impegno ad acquistare 135 mezzi nuovi. E a partire dal 1 gennaio 2014 Ataf sparirà come marchio, inglobata dentro Busitalia dopo 68 anni di storia.   A Genova la questione riguarda un’azienda non comunale bensì provinciale, (almeno in parte, dato che la Provincia ne controlla il 66% delle quote), l’Azienda Trasporti Provinciali, Atp. 497 dipendenti, di cui 364 autisti, 86 personale amministrativo, 47 lavoratori delle officine e 7 in cassa integrazione. Un parco mezzi composto da 260 autobus, che servono circa 8 milioni di passeggeri all’anno, disposti su una rete stradale di 81 comuni. Anche se in passato ha avuto complessivamente una buona gestione, come dimostrato da uno studio dell’Istituto Bruno Leoni del luglio 2012 attualmente l’azienda versa in difficoltà a causa del drastico ridimensionamento della provincia, da più di un anno sotto la guida di un commissario straordinario, l’ex assessore ai trasporti Piero Fossati. La riduzione del finanziamento, dovuta alla spending review, ha fatto sì che alle casse dell’azienda mancassero tre milioni e 800mila euro. Troppi per essere ripianati dall’ente mediante tagli alle corse, già ridotte al minimo in diverse tratte, o misure riguardanti il personale. Il commissario ha dichiarato nei giorni scorsi:   «Dobbiamo vendere subito una quota dell’azienda a un privato per evitarne la chiusura. Nel 2012 siamo riusciti a risolvere alcuni nodi e a trovare i 3 milioni di euro richiesti, ma quest’anno a causa dei tagli nazionali non ci siamo riusciti».   E quale sarebbe il privato? Secondo fonti interne all’ente provinciale, sarebbe un consorzio d’imprese tra Busitalia-Sita Nord e Autoguidovie, quindi molto simile a quello che ha rilevato Ataf. E se ancora c’è disaccordo su quanto grande sarebbe la quota da vendere (la provincia ha dichiarato il 40%, ma voci non confermate dicono che la quota potrebbe essere addirittura del 51%) l’accordo sembrerebbe cosa fatta. Oltre a questo, si manterrebbero 350 degli attuali dipendenti, mentre quasi tutti i restanti (circa 120) verrebbero ricollocati in altre aziende del gruppo Ferrovie dello Stato. I sindacati hanno mostrato però una dura opposizione a questo piano, temendo per il destino dei posti di lavoro. Il commissario Fossati ha comunque lasciato aperto uno spiraglio: «Se ci fossero suggerimenti per soluzioni diverse saremmo ben disposti a prenderle in considerazione».   A Torino sembrava tutto fatto già a fine 2012, quando il comune sembrava disposto a vendere il 49% delle quote di Gruppo Trasporti Torinese, Gtt, a Trenitalia per 70 milioni di euro, anziché 113 come previsto inizialmente. Ma due mesi più tardi, il comune guidato da Piero Fassino respinge l’offerta bollandola come irricevibile. Troppo al di sotto di quanto richiesto come base d’asta.   La questione venne rimandata a una nuova gara «da stabilirsi nelle prossime settimane» Ma la questione invece ancora oggi è in alto mare e i conti del Comune rischiano seriamente di sforare il patto di stabilità, qualora la vendita non si concretizzasse entro il 31 dicembre. E vendere quanto, poi? Il 49% come previsto inizialmente, oppure l’80%, per fare cassa in fretta. Il comune ha anche abbassato le sue richieste, aspettandosi di incassare una cifra compresa tra i 70 e i 100 milioni di euro, molto meno dei 113 richiesti nel 2012. E anche questa volta, il gruppo Fs potrebbe spuntarla.

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