Una fabbrica di orologi del Canton Ticino rigidissima con i dipendenti, in gran parte frontalieri di Varese. Il titolare: "Usate i pullman aziendali, chi viene in macchina si deve accordare per riempire la vettura almeno con tre o quattro colleghi". Tolleranza zero: chi sgarra resta a casa
Guai a recarti al lavoro in auto da solo perché rischi il licenziamento. La norma è stata introdotta in una fabbrica di orologi di Stabio, nel Canton Ticino, la Farone SA, che occupa 370 dipendenti, in prevalenza frontalieri provenienti dalla provincia di Varese. Ebbene, i dipendenti di quell'azienda sono stati vivamente pregati dal titolare, Enzo Maggi, di evitare di arrivare in fabbrica ognuno con la propria auto.
"Assumo solo chi condivide la mobilità aziendale", ha spiegato l'imprenditore al quotidiano La Regione Ticino, aggiungendo che le regole vengono messe bene in chiaro, al momento dell'assunzione. "D'altronde – dice ancora Maggi – abbiamo due pullmann da 54 posti ciascuno, che raccolgono nel Varesotto i lavoratori e li portano in azienda e, visto che questo servizio ci costa 100 mila franchi all'anno, i miei dipendenti sono vivamente pregati di usufruirne". In via subordinata, chi proprio non volesse o potesse salire su uno di quei torpedoni, allora si organizzi con i colleghi, per condividere l'auto.
Non meno di tre o quattro persone per vettura l'intimazione dell'inflessibile Maggi il quale, per verificare che le disposizioni sulla mobilità dei propri dipendenti vengano rispettate, non esita a compiere dei veri e propri blitz, per individuare eventuali trasgressori. "Facciamo controlli a sorpresa e chi sgarra viene lasciato a casa", ha dichiarato questo industriale eco-compatibile. Per poi, immediatamente, rassicurare sul fatto che le regole vengono rispettate alla lettera. "Finora non abbiamo dovuto licenziare nessuno", precisa.
L'iniziativa del titolare dell'industria ticinese di orologi nasce dalla necessità di sgravare dal traffico le strade a cavallo del confine che, nelle ore di punta, sono intasate da auto di frontalieri, spesso con una sola persona a bordo. Uno dei motivi, tra l'altro, che lo scorso 9 febbraio ha indotto l'elettorato a plebiscitare il referendum a favore del ripristino dei contingenti della manodopera estera. Nel frattempo, con piglio da sceriffo, un ex-giudice entrato in politica per la Lega, Claudio Zali, attualmente responsabile del Dipartimento ticinese dell'Ambiente e del Territorio, si è messo a dare la caccia alle auto dei frontalieri posteggiate in sosta vietata. In realtà, per contribuire a sgombrare le strade dal traffico ci sarebbe un efficientissimo servizio di treni pendolari, la cui pecca è costituita, tuttavia, dalla carenza di posteggi nelle stazioni.
"Dovrebbero fare tutti come l'imprenditore di Stabio, Enzo Maggi", il parere del leader dei Verdi del Canton Ticino, Sergio Savoia. "Inoltre – aggiunge l'esponente ambientalista – le autorità svizzere e italiane dovrebbero incentivare fortemente le aziende, insediatesi nel Canton Ticino, a introdurre i trasporti collettivi". "Ad esempio – suggerisce Savoia – facendo capo alle tasse alla fonte, percepite in Svizzera ai frontalieri e trasferite, in parte, ai comuni italiani di confine".