L'opininoe per Il Fatto Quotidiano di Marco Ponti, Professore ordinario di Economia applicata, Politecnico di Milano

Trasporto Pubblico, le verità che non vediamo in tv

Trasporto Pubblico, le verità che non vediamo in tv

"Spessissimo la Tv, ma anche la stampa, ci si diletta di dire “falsita popolari” perché fanno più “audience” di verità scomode. Per esempio a “Presa diretta” di domenica 21 settembre su Rai 3, il pur ottimo Riccardo Iacona questa volta ha probabilmente battuto un record di distorsione dell’informazione"

Così Marco Ponti, Professore ordinario di Economia applicata del Politecnico di Milano, propone il suo punto di vista sul trasporto pubblico.   "Il tema è il disastro dei trasporti pubblici italiani, una assoluta e incontrovertibile verità, largamente provata nella trasmissione. Peccato che non ne sono dette le vere cause. Si è fatto credere al popolo plaudente che quelle principali sono la scarsità di finanziamenti pubblici al settore, e ovviamente la corruzione pubblica diffusa."   Ecco i temi proposti da Iacona secondo l'analisi di Ponti:   1. Si intervistano vari cittadini che devono impiegare tempi lunghissimi per recarsi al lavoro con i mezzi pubblici, o ricorrere al trasporto privato, che è congestionato. Non si specifica però che le scelte residenziali e del luogo di lavoro possono essere le più varie. Certo, tutte sono dettate dal bisogno, ma è semplicemente folle far credere che tutti i luoghi di lavoro possano essere collegati con tutte le residenze da trasporti pubblici. Solo una piccola parte lo può essere, al di fuori delle città dense.   2. Sulla corruzione non ci piove, quando i soldi arrivano a fiumi dallo stato, e nessuno risponde dei debiti e dei risultati, la caccia è aperta. Ma i valori in gioco sono modesti rispetto alle dimensioni economiche dei problemi del settore.   3. Si fa notare che il parco dei mezzi circolanti fa schifo, si rompono sempre perché sono vecchissimi, e i servizi sono insufficienti. Questo è il problema di disinformazione di base: non si ricorda che abbiamo le più basse tariffe d’Europa, i più alti costi di produzione d’Europa (il costo medio del lavoro è di un terzo maggiore che nell’industria), una produttività bassa (le ore medie di guida sono inferiori alla media europea), e una dotazione media di servizi più alta che nel resto d’Europa. Questi sono dati di una recente ed estesa ricerca della Cassa Depositi e Prestiti su fonti ufficiali, non opinioni. 
Abbiamo anche una robustissima evasione dei biglietti, soprattutto al Sud. Ma certo, se le imprese (quasi tutte pubbliche) non possono fallire, perché perdere consenso popolare con odiose azioni repressive?   4. E’ ovvio che con queste condizioni i soldi pubblici non bastano mai, chiederne di aggiuntivi con questi chiari di luna sembra davvero una follia, visto che glie ne diamo già moltissimi (circa 8 miliardi all’anno, per i trasporti locali).   5. Si fanno vedere esempi francesi di trasporti pubblici eccellenti. Tutto vero, ma ci sono casi eccellenti anche in Italia, che non vengono mostrati. In compenso si dice che in Francia lo Stato paga pochissimo il servizio. Certo, perché pagano le regioni, cioè ancora lo Stato a un livello diverso, e le imprese con le tasse (che è la stessa cosa). Poi non si dice che comunque le tariffe sono assai più care che da noi.   6. Poi si fa notare, in modo un po’ confuso, che Irisbus della Fiat chiude in Italia, ma produce alla grande autobus in Francia. Sembra che si auspichi un maggior protezionismo per le imprese italiane, imitando i francesi, certamente protezionisti. Forse non è una grande idea per far crescere la nostra competitività. Ma forse anche quella fabbrica francese aveva un miglior management o una logistica più efficiente, chissà, nelle imprese succede.   7. Dulcis in fundo: si intervistano solo lavoratori e sindacalisti, che giustamente portano il punto di vista della categoria (“Ci vogliono più soldi pubblici….”), e utenti giustamente furiosi per la bassa qualità del servizi, che anch’essi implicitamente chiedono più risorse. Un ingegnere romano, rappresentante della protesta degli utenti, si spinge persino ad affermare che l’azienda capitolina estendendo i servizi ci guadagnerebbe, cioè ignora che gli utenti in media pagano meno di un terzo dei costi del servizio, il resto lo pagano i contribuenti, cioè l’azienda più fa sevizi più ha bisogno di soldi nostri. Nessun esperto del settore è ovviamente stato consultato , forse poteva ricordare fatti impopolari di questo tipo.   Cosa concludere? Al solito, che anche sul piano dell’informazione non possiamo che migliorare.

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