Continuano i problemi dentro l'azienda a pochi giorni dell'arrivo del nuovo ad. Sindacati in rivolta
Non c’è pace in Trenord, l’azienda di trasporto ferroviario in Lombardia, sempre più criticata dai pendolari e in attesa di un rilancio in vista dell'Expo 2015. Ogni giorno ha la sua pena, mentre si attende ancora l’insediamento del nuovo amministratore delegato. Scioperi in vista venerdì prossimo. Caos sulla linea per un deragliamento a Busto Arsizio lunedì scorso. Pendolari sempre più infuriati che continuano a scrivere ai giornali per raccontare le «ore di vita» perse a bordo dei treni regionali. E soprattutto il dossier di fine ottobre che conferma il peggioramento del servizio con indice di affidabilità a picco, ritardi medi ponderati per passeggero "che nel periodo 2011-2014 sono passati da 3,2 minuti a 5,2 minuti su tutte le corse e da 2,8 a 3,8 minuti medi con le sole cause Trenord e rete ferroviaria". I nodi da sciogliere, nonostante sia stato superato l’impasse politico della nomina di un nuovo numero uno dopo la rinuncia di Lucia Morselli, restano ancora sul tappeto. In particolare dal punto di vista sindacale, con le sigle sempre più spaccate dopo le frizioni degli ultimi due anni, in seguito all'addio di Giuseppe Biesuz, arrestato nel 2012. Del resto, mancano pochi giorni all’insediamento del nuovo amministratore delegato Cinzia Farisè, la supermanager di Prysmian India, che dovrà tornare a occuparsi di treni per risanare la società lombarda, sempre più in difficoltà dal punto di vista dei conti e delle prestazioni. La Farisè arriva in una azienda dove, a detta dello stesso presidente di regione Lombardia Roberto Maroni, esistono grandi problemi «di puntualità e di relazioni sindacali». Difficile smentire questa diagnosi, avvalatorata dagli stessi dati. Anche perché si concentrerebbero proprio sul fronte delle relazioni sindacali le ultime disperate mosse dei vertici per cercare di salvare il salvabile «prima che la Farisè» spiega una fonte interna «ci metta la mano, il bisturi e forse l’accetta». Per questo l’azienda ha convocato una non stop sindacale per cercare di mettere a posto, poche ora prima del cambiamento di vertice, almeno le cose più evidenti e gravi. Parliamo dell'ormai famoso premio di due euro per i capitreno, sancito con l’ormai famigerato contratto di secondo livello stipulato nel 2012 che Linkiesta denunciò a fine maggio scorso. Resasi conto del pasticcio, con un po’ di ritardo, nel luglio del 2014 Trenord aveva provato a metterci una pezza. E aveva provveduto a limitare il premio solo ai biglietti fatti ai “portoghesi” e non (come invece è definito nel contratto ndr) a tutte le regolarizzazioni fatte a terra o a bordo, comprese quelle causate da biglietteria chiuse ed altre casistiche per le quali il passeggero non paga la multa. Anche se ad oggi il premio viene ancora erogato al capotreno. Tuttavia non è possibile modificare unilateralmente ciò che è stato sancito collegialmente (ovvero con il contratto del 2012). E cosi l’azienda sta provando a convincere le organizzazioni sindacali a firmare un accordo che attesti, in pratica, che nel 2012 sia l’azienda che il sindacato hanno sbagliato a firmare e a fare i conti. «Una toppa forse peggiore del buco» dicono dall'interno fonti autorevoli «che attesterebbe in via definitiva la inadeguatezza di un contratto di lavoro molto oneroso». Del resto, basta guardare gli scostamenti tra il costo del 2012 e 2013 per avere una idea dell’impennata degli stipendi. Voci all'interno del sindacato, dicono che la firma congiunta di azienda e sindacato sull’accordo rischierebbe di mettere il nuovo amministratore delegato ancora di più sull’attenti in merito alla gestione del contratto di lavoro e delle relazioni industriali in Trenord.