Lo dimostra una ricerca dell’Unione nazionale consumatori: su spostamenti occasionali l’auto condivisa è un’alternativa che fa risparmiare
«Considerando un uso poco intensivo (tre spostamenti a settimana, per 46 settimane, totale: 138 spostamenti) la spesa con un’auto privata si aggira a Milano intorno ai 2.418 euro l’anno, che comprendono anche 690 euro per l’accesso all’Area C e 552 euro per la sosta. Con la stessa frequenza di spostamenti, con il car sharing la spesa varia da 538 a 1.219 euro l’anno, considerando un uso ottimale, cioè senza includere i costi della sosta»: lo afferma Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione nazionale consumatori, sulla scorta dei dati raccolti da una ricerca sulla mobilità. «Il car sharing — prosegue Dona — è una delle facce più concrete del “nuovo che avanza”. C’è chi lo considera una rivoluzione pari allo smarthphone, mentre per i detrattori è una moda passeggera: sta di fatto che nell’ultimo anno la mobilità condivisa è diventata una realtà cittadina sempre più estesa».
Nello studio l’Unione nazionale consumatori ha verificato (elaborando dati Aci) quanto gli italiani pagano mediamente per mantenere un’auto. Poi ha messo a confronto la spesa con il car sharing, per capire se questo può consentire a una famiglia di rinunciare, quanto meno, alla «seconda auto» privata. Il costo del singolo spostamento in auto viene confrontato anche con quello pagato usando i mezzi pubblici e i taxi (il riferimento è sempre Milano, tra le città più care ma anche la prima ad avere introdotto il car sharing). «I dati dimostrano che il car sharing può essere vantaggioso se usato al posto della seconda auto (quindi conteggiando anche la sosta, con la comodità di fare il viaggio di ritorno con la stessa vettura), perché il costo/anno varia da 1.653 a 5.332 euro». Alternativo in certi casi alla seconda auto, secondo Dona il car sharing con le tariffe correnti non può ancora sostituire l’auto principale: «Il costo annuo per mantenere la prima auto a Milano si aggira sui 4.690 euro, ben distante da quello del car sharing, che oscilla tra 11.270 e 13.800 euro (considerando una formula di “abbonamento giornaliero”, moltiplicato per 230 giorni lavorativi)». Ma se ci trovassimo a piedi e avessimo l’esigenza di arrivare dall’altra parte della città (ipotizziamo una distanza di 5,5 km, che diventano 11 tra andata e ritorno) e avessimo tre alternative: i mezzi pubblici, car sharing e taxi, cosa converrebbe di più? «La palma del risparmio — risponde Dona — va all’autobus e alla metropolitana, con tre euro a spostamento. Anche se le controindicazioni non mancano: dalla scomodità del viaggio — con gli eventuali cambi di mezzo — alla frequenza del servizio. Il car sharing, comunque, si piazza al secondo posto: «Senza considerare la sosta, il prezzo oscilla fra 3,9 euro e 8,7. Meno vantaggioso è se mantengo il noleggio per tutto il tempo: il costo sale tra 11,55 euro e 38,50». Ultimo in classifica il taxi: «Fra 34,30 euro (se si trova subito libero) e 41,40 (se bisogna farlo arrivare con una telefonata)». «Insomma — riassume Dona — dal nostro studio risulta che il car sharing (se usato in modo ottimale, quindi per singole tratte) è molto conveniente, in certi casi persino competitivo rispetto ai mezzi pubblici; è decisamente più vantaggioso rispetto al taxi, certamente consigliabile come alternativa alla seconda auto, soprattutto se si devono fare spostamenti in centro o nelle zone a traffico limitato. Certo, non va dimenticato che attualmente il servizio è presente con un adeguato numero di veicoli solo nelle grandi città; che è necessario utilizzare lo smartphone e che talvolta la connessione a internet (per individuare l’auto più vicina) rischia di fare brutti scherzi. Ma, nonostante tutto, lo sharing ha il grande merito culturale di trasportare verso la mobilità del futuro, in cui non saremo più obbligati a possedere l’auto».