La battaglia di Iacopo inizia da due brevissime battute via twitter col Ministro Maria Chiara Carrozza, ricordandole quanto difficile sia la vita dei comuni cittadini, troppo spesso trattati con pesi e misure diverse rispetto alla classe politica. A maggior ragione se il cittadino in questione è disabile, dovendo affrontare oltre ai classici problemi quotidiani ogni genere possibile di barriera: da quella architettonica a quella culturale e sociale
Uno degli hashtag più digitati del 2014, #vorreiprendereiltreno, retwittato e sostenuto da 50mila followers in pochi mesi, nasce il 20 Giugno scorso, quando l’ex Ministro Maria Chiara Carrozza “scrisse su Twitter di essere su un treno 'meraviglioso' per Firenze, e io le risposi subito dicendo che purtroppo i nostri treni non sono quasi mai meravigliosi, soprattutto per noi disabili che raramente troviamo attrezzati”. È in quel momento che inizia l’impresa di Iacopo Melio, 23 anni, giovane disabile di Lazzeretto, in provincia di Firenze, studente universitario di Scienze Politiche con la scrittura e il giornalismo nel sangue, a cui dedichiamo idealmente – partendo dalla sua iniziativa – la nuova rubrica di Clickmobility.it, #ugualmentemobili. “Da quello scambio di battute decisi di scrivere un articolo sul mio blog per parlare di barriere in generale, ma in maniera leggera e divertente. Feci un appello alla politica – continua – “Se non volete farmi prendere questo treno perchè è la cosa più normale e scontata che ci possa essere in un Paese civile, fatemelo prendere perché sono stanco di essere single". Dissi infatti che avevo voglia di viaggiare e di incontrare la ragazza dei miei sogni su un mezzo pubblico, proprio come in un film romantico”. Diventato subito virale, sui social ma anche su media nazionali e internazionali (dalla BBC di Londra ad AlJazeera), da quell’articolo “è iniziato un percorso di sensibilizzazione che ha catturato l’interesse di vari esponenti della politica, ma anche di molti personaggi dello spettacolo che hanno voluto essere portavoce di questa campagna. Ad oggi #vorreiprendereiltreno è diventato onlus a tutti gli effetti, con la speranza di poter sensibilizzare ancora di più e in modo più efficace nei prossimi mesi”. Melio, lei è diventato un simbolo. A che punto è l'Italia sul tema disabilità? Quanto c'è ancora da lavorare sulle barriere architettoniche di ogni tipo, da quelle fisiche a quelle culturali? L’Italia è molto indietro sotto ogni fronte, purtroppo. Basti pensare non solo ai mezzi pubblici come treni e autobus, ma alle stesse città. Solamente una piccola parte dei negozi che troviamo in centro sono accessibili al 100%; le barriere sono presenti anche nella cultura (scuole, musei, teatri, cinema) e questo è assolutamente inaccettabile; marciapiedi e pavimentazioni non solo sono difficilmente accessibili, ma spesso e volentieri completamente abbandonati all’usura. E le barriere culturali? Ancora peggio. Se per superare uno scalino possiamo contare sull’aiuto di qualcuno, sconfiggere l’ignoranza e la superficialità di chi parcheggia l’auto sullo scivolo dei marciapiedi o peggio ancora sul parcheggio per invalidi è un’impresa ben più dura da affrontare. È qui che dobbiamo lavorare: sulla sensibilizzazione affinché la mentalità delle persone cambi. Quali sono i bisogni concreti più diffusi nella fruizione dei mezzi pubblici per le persone con disabilità, temporanea o permanente? Spesso si incorre nella totale assenza di rampe che permettano l’accesso ad autobus e treni, oppure quelle poche che ci sono sono mal tenute (poche revisioni) e quindi al momento del bisogno non sono funzionanti. Talvolta è difficoltoso, però, anche solo arrivare alla banchina del treno o alla fermata dell’autobus, proprio per un discorso di infrastrutture non adeguate. Altro grave problema per quanto riguarda il servizio di Ferrovie è la necessità di dover prenotare: un disabile non può prendere un treno quando vuole, anche se accessibile, ma deve comunque prenotare 48 ore in anticipo affinché da fuori venga il personale autorizzato (così detta “Sala Blu”) che è l’unico organo ad avere la competenza di premere un semplice pulsante e far aprire una rampa, o manovrare un sollevatore. Capistazione e capitreno invece non hanno, per contratto, questa competenza, dunque non si assumerebbero alcuna responsabilità nel far salire a bordo un disabile. Questa è a parer mio una limitazione enorme nella libertà di ognuno che andrebbe assolutamente rivista. Alcune aziende di trasporto, per primi i grandi gruppi, stanno iniziando a essere sensibili al problema. Sicuramente i mezzi nuovi che vengono messi in circolazione sono quasi sempre attrezzati. E ci mancherebbe non lo fossero. Il punto è che si continuano ad utilizzare mezzi vecchissimi che, comunque, potrebbero essere adattati ad un costo ragionevole, ma difficilmente ciò viene fatto per un’apparente mancanza di tempo e voglia. A livello normativo si potrebbe fare qualcosa di più? Sicuramente. Occorrerebbero leggi più restrittive e severe che modifichino radicalmente, se non tutto il territorio circostante, quantomeno i centri delle città. Non solo i mezzi di trasporto pubblico locale. Per esempio rendere obbligatorie per gli esercizi commerciali l’installazioni di rampe e scivoli al loro ingresso, e non solo la presenza di bagni per disabili. Oppure aumentare la vigilanza in presenza di parcheggi per invalidi, anche solo con telecamere, per evitare che persone non autorizzate li occupino. Quanto conta il ruolo della politica? Il ruolo della politica è fondamentale, perché le scelte decisive per attuare dei cambiamenti dipendono solamente da chi ci governa. Noi possiamo sensibilizzare quanto vogliamo, ogni giorno, in maniera estenuante ed estrema, ma se poi chi ha il potere e gli strumenti per migliorare davvero la vita dei cittadini decide di non farlo e di non partecipare, è tutto (o quasi) inutile. Quali sono gli ostacoli da superare nella battaglia che in qualche modo state portando avanti? Sicuramente non è facile non essere strumentalizzati dalla politica. Ciò che conta però è che al nostro lasciarsi un poco strumentalizzare segua una risposta positiva con collaborazioni proficue affinché si possa cambiare davvero il Paese. Un’altra grande difficoltà è mantenere l’attenzione sempre viva: è già finito (come ogni fenomeno di internet) il tormentone estivo di #vorreiprendereiltreno, dove chiunque si scattava il selfie con cartello e hashtag e lo pubblicava sui social. Adesso dobbiamo fare in modo che questo riflettore non si spenga, con attività e coinvolgimenti sempre nuovi. Faremo del nostro meglio affinché di disabilità se ne parli sempre e nel modo più giusto. Ovvero? Vivo la mia disabilità in maniera serena e vorrei che questo fosse visibile, perché in questi mesi ho incontrato tantissimi ragazzi disabili, spesso più liberi e indipendenti di me, che finivano sempre col “piangersi addosso”. Mi dico sempre che vivere da seduti o senza poter vedere non è essere disabili: la vera disabilità non siamo noi ma sono gli altri, è il contesto che ci rende tali nel momento in cui non ci fornisce degli strumenti adatti per vivere la vita alle stesse opportunità degli altri, per essere liberi e autonomi, per fare le scelte di vita che vorremmo fare. Avere una carrozzina o un bastone è una ricchezza e basta, permette di vedere il mondo da prospettive diverse. Bisognerebbe però che la società fosse a misura di tutti, perché altrimenti diventa la vera causa della disabilità. Matteo Macor – @matteomacor