Alessandro Nannini, coordinatore Rsu – Ataf e delegato Cobas racconta dal suo punto di vista le esperienze di protesta dei lavoratori dei mezzi pubblici in questi ultimi anni, dal passaggio da azienda pubblica a privata cominciato sotto la giunta Renzi ad oggi, tra continui scioperi e proteste che proseguiranno anche in questo mese
Nel 2013 i sindacati di Ataf si sono opposti con forza alla dismissione dell’azienda con due interi giorni di sciopero. Come ha reagito l'azienda? La reazione dell'azienda è stata durissima, sono tuttora sono in corso provvedimenti repressivi. Nel 2012 Ataf pubblica è stata venduta da Renzi a privati. Il progetto dei nuovi proprietari è stato chiaro sin da subito: fare velocemente più utili possibile, dividerlo tra le società e rilevare l’azienda pubblica che per 60 anni ha gestito il trasporto pubblico fiorentino. Nel dicembre 2013 contro questo progetto e la disdetta degli accordi aziendali di secondo livello la totalità dei lavoratori si è fermata per due giorni. Per il solo motivo di aver espresso il proprio dissenso sono arrivati a ciascuno 4 giorni di sospensione pari a circa 3.200 giornate di lavoro, 700 denunce per interruzione di servizio pubblico e 660 multe da 600 euro per non aver rispettato la precettazione. Come avete reagito a questi provvedimenti? Sul piano legale sono stati fatti ricorsi presso il giudice di pace per non pagare le multe e la stragrande maggioranza di queste sono state annullate. La Prefettura ha deciso di ricorrere in appello contro le sentenze dei giudici, se verranno accolti tutti i ricorsi si parla di almeno 130 mila euro pubblici spesi per questa operazione. I lavoratori stanno continuando la loro battaglia, e il 9 aprile scorso, con l’appoggio di cittadini e associazioni, abbiamo organizzato un presidio di denuncia sotto la prefettura. I lavoratori sono provati perché a nostro modo di vedere non viene riconosciuto un elementare diritto a protestare, oltre al costo economico che stanno sostenendo. Cresce il risentimento nei confronti dell’azienda, della politica e anche delle istituzioni ma allo stesso tempo la lunga repressione rischia di minare la fiducia nella forza del proprio conflitto e della propria lotta che comunque prosegue ma è senz’altro più complicata. Perché tutto questo impegno in difesa del servizio pubblico, com'è il rapporto tra viaggiatori e autisti? Purtroppo la relazione tra autisti e viaggiatori non è delle migliori: spesso si innescano tensioni e scontri da vera e propria “guerra tra sfruttati”. In due anni l’azienda privata è passata da un buco di 7 milioni ad un previsto attivo di 2. Gli utili ci sono perché hanno tagliato non sui costi dei manager ma sui diritti dei lavoratori, diminuendo il personale, trascurando la manutenzione dei mezzi e tagliando drasticamente le corse, e il servizio non è affatto migliorato. Succede che in orario di lavoro gli autisti siano fermi in deposito ad aspettare la riparazione di un mezzo che ovviamente viene meno per i viaggiatori che sono alla fermata ad aspettare una corsa che non passerà mai, specialmente sulle linee periferiche. È comprensibile perciò che il cittadino sia invelenito nei confronti dell’azienda; è comprensibile, anche se non giustificabile, che se la prenda con il primo che gli capita a tiro, che guarda caso è l’autista che svolge con fatica, ma anche con impegno, il proprio lavoro. Come lavoratori facciamo il possibile per informare i viaggiatori che la colpa non è di chi guida, che ha visto peggiorare le condizioni di lavoro, ma di chi ha voluto privatizzare questa azienda. Siamo consapevoli che è peggiorata l’esistenza quotidiana. Ma una soluzione la si può trovare solo comprendendo le reciproche ragioni, unendosi per un obbiettivo comune: la difesa del trasporto pubblico e del diritto alla mobilità.