La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ha adottato il documento conclusivo del Convegno Nazionale “Trasporto pubblico locale: nuove prospettive, nuove strategie” che si era tenuto a Napoli il 30 e 31 marzo 2015
A conclusione del Convegno Nazionale sul Trasporto Pubblico Locale tenuto a Napoli e al quale hanno preso parte Regioni, Comuni, Autorità di Regolazione, Organizzazioni Sindacali, Portatori di interesse nei vari ambiti del Settore, sono emersi alcuni punti su cui la Conferenza delle Regioni e Province autonome ritiene debba essere orientata l’Agenda del Governo già a partire da quest’anno. Queste le proposte. 1) Il Trasporto Pubblico Locale è uno dei principali servizi pubblici su cui le Regioni ritengono possa essere basata l’uscita dalla crisi del nostro Paese. Nei due giorni di dibattito sono emerse tutte le difficoltà di un percorso, delineato a partire dal 2010, nel quale il Trasporto Pubblico Locale è stato visto più come uno dei tanti ambiti su cui tagliare le risorse finanziarie pubbliche piuttosto che uno di quegli ambiti su cui puntare per far superare la crisi all’Italia e aiutarla nella sua crescita. 2) Una politica di tagli e spinte verso un percorso di ricentralizzazione, finalizzato più al risparmio che alla reale esigenza di miglioramento del Trasporto Pubblico Locale, ha mostrato tutto il suo limite, anche rispetto agli obiettivi che tale politica si prefiggeva: il risparmio e la crescita/innovazione a costo zero. Questa politica è fallimentare da tanti punti di vista, il principale è che questa è una politica che aumenta i costi degli interventi pubblici nel loro insieme. Pensiamo, ad esempio, ai costi sociali in termini di ammortizzatori e di mancata crescita del PIL derivante da fallimenti e chiusure in vari ambiti del trasporto, primo fra tutti quello dell’industria produttrice del materiale rotabile e delle infrastrutture. Esigenza di contrasto all’evasione tariffaria nonostante la mancanza di norme chiare e condivise sul territorio ma anche di reali interventi di innovazione nel Settore. 3) Va posta adeguata attenzione ai costi in termini ambientali, a seguito della vetustà media del materiale rotabile e, di conseguenza, in termini di salute dei cittadini. La riduzione spesso indiscriminata dei servizi per l’impossibilità di disporre dei corrispettivi adeguati rispetto a costi di produzione che sono comunque cresciuti negli anni. 4) Pertanto le Regioni e Province autonome ritengono che solo una politica di apertura del mercato, di riorganizzazione del sistema coniugata con un’azione espansiva delle scelte compiute, che si traduce in aumento delle risorse, possa rappresentare la via da percorrere. In questo senso le regioni auspicano un’effettiva azione comune tra Stato, Regioni, Pubbliche Amministrazioni locali, Autorità indipendenti, e gli altri soggetti coinvolti, per la messa a gara dei servizi di Trasporto Pubblico Locale, proprio in funzione dei due obiettivi principali che le gare consentono di raggiungere e che sono la concreta possibilità di determinare le condizioni qualitative del servizio che si intende offrire unitamente al governo delle condizioni contrattuali e il positivo effetto sulla spesa, con ciò avviando, concretamente, il processo di trasformazione e ammodernamento del Settore molte volte annunciato. Per la messa a gara del Trasporto Pubblico Locale sono necessarie le seguenti condizioni: regole certe, senza le quali prevale un contesto di potenziale, costante contenzioso; la certezza delle risorse e la loro adeguatezza, il che include: la qualità e l’universalità del servizio, rinnovi dei materiali rotabili e delle infrastrutture, innovazione tecnologica, anche ai fini della riduzione dell’evasione tariffaria e della misura efficace del trasporto; la garanzia e la protezione del lavoro nel Comparto, non solo rispetto ai servizi ma anche all’indotto. Come è emerso nell’ambito del Convegno, le Regioni sono pronte a fare la loro parte nell’ottica della liberalizzazione, come testimoniano le varie esperienze di gare su gomma, ferro, acqua recentemente bandite in Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana nonché altre in fase di definizione. Questa determinazione delle Regioni si scontra, però, con l’assenza di alcune scelte “strategiche” da parte del governo centrale.