Perdite per 140 milioni l'anno scorso e per 58 nel primo semestre di quest'anno. Debiti che superano i 350 milioni e un parco di mezzi che hanno 11-12 anni in media
Una perdita di 140 milioni di euro nel bilancio 2014, 58 milioni di deficit già accumulati nel primo semestre del 2015. E vertici azzerati, con le dimissioni recentissime dell'intero cda. Questa adesso è l'Atac, l'azienda di trasporto romana salvata dal fallimento solo dalla ricapitalizzazione decisa dal Campidoglio in assestamento di bilancio, con 180 milioni di euro: 40 cash e 140 con la cessione di treni Caf della metropolitana. Una nave senza nocchiero in mezzo alla tempesta, come direbbe Dante, sempre sull'orlo del default, incapace di offrire un servizio decente ai cittadini, che quasi ogni giorno ormai fanno i conti con interruzioni del servizio, corse saltate, ritardi. L'ultimo blocco prolungato risale al 28 settembre, con la metro A ferma per otto ore tra Ottaviano e San Giovanni, il tratto più frequentato, il centro storico, con romani e turisti costretti all'assalto alla diligenza dei bus sostitutivi. A causare l'ennesimo incidente, il distacco di un vano batteria che è rimbalzato in galleria facendo saltare il controsoffitto alla stazione di piazza di Spagna. «Siamo nelle mani del Signore», ha detto in quell'occasione l'ormai ex-assessore ai Trasporti Stefano Esposito. Il fatto è che i mezzi Atac sono vecchissimi e non ricevono manutenzione da anni. L'età media dei 2300 tra bus e tram è di 11-12 anni. La linea B della metropolitana ha compiuto sessant'anni, la A ha passato i 40. Soltanto la C, tela di Penelope ancora in costruzione, ha aperto da poco il suo tratto più periferico. E a fronte di un parco vetture così datato, lamanutenzione non esiste. «Abbiamo problemi con i fornitori», ammise a luglio il nuovo direttore generale, Francesco Micheli, nominato a maggio e già dimissionario. Un modo soft per significare che verso i suoi creditori l'Atac ha messo insieme un debito di 353 milioni di euro. Motivo per cui le imprese che forniscono all'azienda benzina, ricambi, consulenze hanno chiuso i rubinetti: niente più materiali finché non rientrano i crediti. Il risultato è che su un parco complessivo di 2300 vetture, 850 non escono più in strada, una percentuale del 36%. I 1450 tra bus e tram che ogni giorno caricano i romani non bastano a garantire le frequenze programmate per le linee di superficie, che richiederebbero almeno 1600 vetture. Senza contare chetra i 1450 mezzi in strada la percentuale dei guasti arriva fino al 30%. Negli ultimi 10 anni, dal 2006 ad oggi, l'Atac ha accumulato un miliardo e 400 milioni di passivo. Cifre insostenibili, che hanno tolto all'azienda qualsiasi possibilità di essere credibile e competitiva. La conferma recente è il bando andato deserto per la fornitura di 700 bus in leasing, per un investimento di 200 milioni di euro. Nessun istituto finanziario si è sentito di supportare le imprese che avrebbero voluto candidarsi in questa operazione.«L'Atac non è ritenuta affidabile», ha ammesso Esposito. Il colpo di grazia al carrozzone del trasporto romano lo ha inflitto la Parentopoli consumata sotto la giunta di Gianni Alemanno, sui cui deve pronunciarsi la magistratura: nelle ex-municipalizzate sono stati imbarcati mogli, figli, parenti, cognate, segretarie, amici, compagni di partito. Ora Atac ha 11. 811 stipendi da pagare. I macchinisti della metropolitana sono 490. Gli autisti di bus e tram 6.500. Anche se a Roma le linee di superficie sono 330 e a Milano 100, l'azienda della capitale incassa la metà dei biglietti della milanese Atm. Questo perché su Atac imperversa la piaga dell'evasione, stimata tra il 18 e il 40% a seconda delle zone di Roma. Una piaga che Atac non riesce a debellare e che si manifesta in stragrande maggioranza sulle linee di superficie, perché sulla metropolitana i tornelli scoraggiano gli evasori, anche se ormai per molti vige la prassi dello scavalco. E i controllori, pochissimi, non vanno più in periferia per paura delle aggressioni. Per aumentare la produttività del servizio delle linee metropolitane da inizio luglio l'Atac ha deciso di riorganizzare i turni dei macchinisti, portando da sei a otto le ore giornaliere di lavoro ed introducendo l'obbligo del badge. La protesta dei conducenti ha presola forma di uno sciopero bianco che ha prolungato fino a 30 minuti i tempi di attesa in banchina e che per un mese ha tenuto in ostaggio i viaggiatori. Il dimissionario sindaco Ignazio Marino, per portare investimenti all'azienda, ha aperto le porte all'ingresso di un partner. «Neanche un emiro ubriaco investirebbe nell'Atac», è stato il commento dell'ex-sindaco di Roma Francesco Rutelli.