Ieri si è dimesso il Cda, azzerati i vertici. Entro lunedì il ministero nominerà i successori
Dopo l'accelerazione impressa con il varo del Dpcm per aprire al mercato il 40% del gruppo, il consiglio di amministrazione ha rassegnato le dimissioni, azzerando di fatto i vertici dell'azienda. Una mossa attesa ormai da giorni, dietro la quale ci sarebbe la volontà del governo di mettere fine all'impasse creato dalle divergenze tra l'A. d. Michele Mario Elia e il presidente Marcello Messori. E mentre il toto nomi ormai converge su Renato Mazzoncini, A. d. di Busitalia (Gruppo Fs), cresce la preoccupazione dei sindacati, che temono che questa accelerazione sia motivata solo dalla necessità del governo di fare cassa. Le dimissioni dei nove membri del Cda sono arrivate nel corso della riunione convocata ieri con all'ordine del giorno tutt'altri temi (rinnovo dei vertici scaduti di Trenitalia, nomina del presidente di Rfi e delibera sulla rete elettrica da cedere a Terna). La decisione era però nell'aria: la scorsa settimana, secondo indiscrezioni, il premier Matteo Renzi avrebbe incontrato Elia e Messori chiedendo loro un passo indietro per mettere fine allo stallo determinato dalle divisioni dei due sulla privatizzazione (Elia difensore dell'unicità del gruppo, Messori favorevole ad uno scorporo di Rfi). Pressing che si è tradotto con le dimissioni dell'intero Cda e il conseguente azzeramento dei vertici, nominati appena un anno e mezzo fa (fine maggio 2014). Ora sarà il ministero dell'Economia, da azionista al 100%, a nominare in assemblea il nuovo Cda e quindi anche i nuovi vertici dell'azienda. I tempi sono strettissimi. L'assemblea, verrà convocata «il più presto possibile», assicura Fs: alcuni dicono già oggi, ma sembra più probabile che il giorno X sia lunedì. La volontà di fare presto è ribadita anche dal titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan: «Provvederemo rapidamente alla nomina del management chiamato a condurre la società nel processo di valorizzazione avviato formalmente con il Dpcm varato questa settimana dal governo». Messori ed Elia ricevono i ringraziamenti per il lavoro svolto dal ministro Padoan e dal titolare delle Infrastrutture, Graziano Delrio. Ma sono in molti a non gradire il "benservito" dato ai due manager, non essendoci motivi legati alla gestione aziendale (l'azienda continua a fare utili) e considerato anche il fatto che qualche distinguo sulla privatizzazione ci sarebbe anche all'interno del governo, tra Padoan e Delrio. Per la leader della Cgil Camusso «preoccupa molto» che dietro le dimissioni ci sia il fatto che i vertici abbiano difeso l'integrità del gruppo. Per Barbagallo (Uil) è «sbagliato» vendere i gioielli di famiglia. Per il segretario della Fit-Cisl, Giovanni Luciano, «si sfascia una cosa che funziona per tirare su due lire». E anche dalla politica si alzano critiche: per Bersani manca chiarezza e si rischia il pasticcio; Quagliariello (Idea) vede nell'azzeramento dei vertici «ragioni che hanno a che fare con l'occupazione del potere». Per il dopo Elia, in pole position c'è Mazzoncini, il cui nome era circolato già nel maggio 2014: bresciano classe 1968, considerato vicino a Renzi, è l'artefice della privatizzazione nel 2012 – mentre era sindaco di Firenze Renzi dell'azienda di trasporto pubblico fiorentina Ataf. Per la poltrona di presidente circola invece il nome di Simonetta Giordani, consigliere del Cda dimissionario di Fs, già sottosegretario ai Beni culturali nel governo Letta.