I debiti dell'ente ammontano a 700 milioni Decisiva la data del 31 dicembre, l'appello «La moratoria consentirebbe di evitare il tracollo finanziario»
I riflessi In tanti aspettano di andare all'incasso Danni anche ad aziende dell'indotto Lavoratori senza stipendio e lavoratori senza posto. L'azienda debitrice in dissesto finanziario, le aziende creditrici sul lastrico. Nell'ennesima puntata del tormentone Eav (la holding regionale che controlla le linee della Circumvesuviana, della Sepsa e di Metrocampania) le nubi non si addensano solo sulla testa dei circa 3mila dipendenti del gruppo, in attesa di ricevere lo stipendio, e della stessa società, a rischio dissesto. Come loro, se non peggio di loro, ci sono azionisti e lavoratori delle imprese creditrici dei famosi 700 milioni di debiti dell'Eav, tutti scaduti. Ditte fornitrici di mezzi e pezzi di ricambio, appaltatori di servizi e di opere rimaste cantieri morti, senza futuro. Finora da questo esercito di creditori che bussano alle sue porte, l'Eav si è difesa grazie a una moratoria, prorogata ben tre volte, che ha impedito ai committenti non pagati di pignorare i beni della società. A fine dicembre la moratoria scade, e gli amministratori dell'Eav, come la stessa regione, puntano decisamente a una quarta proroga, che a questo punto congelerebbe tutti i crediti fino alla fine del 2017. «Sarebbe una decisione assurda, un modo per calpestare diritti ormai riconosciuti in tutte le sedi e per dimostrare che la credibilità dell'ente pubblico, in questo caso la regione, è pari a zero. Intanto abbiamo capito che i lavoratori delle nostre aziende, che rischiano di fallire per troppi crediti, sono di serie B rispetto ai dipendenti dell'Eav», protesta Rossella Paliotto, amministratore delegato della società Aet (Apparati elettronici e telecomunicazioni). Soltanto la Aet, in consorzio con altre imprese come Ansaldo, Imeco, Impresa, Loy-Donà-Brancaccio, Borselli e Pisani, vanta un credito di circa 158 milioni di euro, tra lavori ultimati e consegnati e opere interrotte per mancanza di finanziamenti, ma comunque da liquidare con somme riconosciute dalle sentenze dei tribunali. E la via legale è la prossima tappa annunciata dalla Paliotto che, in caso di rinnovo della moratoria fino al 2017, ha già deciso di ricorrere alla Corte Costituzionale e alla Corte europea di Giustizia. «Abbiamo un precedente a nostro favore, è stata proprio la Corte Costituzionale a impedire un'ennesima moratoria dei debiti della regione nel settore sanitario. Non vedo perché nei Trasporti diventi possibile ciò che è stato bloccato nella Sanità», avverte Rossella Paliotto. E aggiunge: «Invece di chiedere la moratoria e di congelare debiti che sono bloccati già da oltre tre anni, l'Eav e la Regione dovrebbero dare delle spiegazioni su quanto non hanno fatto finora. Che cosa aspettano a vendere beni immobili con i quali potrebbero pagare i debiti? Perché non hanno ancora acceso il mutuo con il governo per ricevere un prestito straordinario di 500 milioni da mettere sul tavolo? Esiste un vero piano di risanamento? Non possono andare avanti pensando soltanto di non pagare i debiti». Gli effetti a catena della crisi strutturale dell'Eav si sono già trasformati in un vero ciclone per l'occupazione in Campania. Stiamo parlando declla prima azienda regionale per il trasporto su ferro ( e quello pubblico su gomma non va molto meglio), e questo spiega perché dei 18mila dipendenti del settore, tra occupati diretti e lavoratori dell'indotto, ne sono rimasti poco più del 20 per cento. E sono andate perdute molte professionalità, figure con particolari competenze tecniche, azzerate dallo tsunami della holding regionale e dalla sua disastrosa gestione. Sono stati evaporati migliaia di posti lavoro, molte aziende, specie di piccole dimensioni, non hanno retto all'onda di crediti mai riscossi e sono finite in amministrazione controllata o, peggio, sono fallite. E, cosa ancora più grave, sono state archiviate, forse per sempre, opere pubbliche strategiche per il trasporto pubblico in Campania. Luoghi diventati dei cimiteri di cantieri incompiuti e dei simboli della cattiva amministrazione.