Donatella Alfonso racconta su Repubblica il nuovo libro dedicato alla storia del trasporto pubblico genovese, in cui Amt ha raccolto la storia dei mezzi (e soprattutto dei suoi uomini alla guida) all'ombra della Lanterna
"Certo , ci sono i "tranvaietti" di fine Ottocento e persino gli omnibus a cavalli, i passeggeri appesi ai tram nel secondo Dopoguerra — e anche un po' più in là, ricorderanno i più anziani — e la suggestione delle immagini in bianco e nero quando non seppiato, lascia poi spazio alle immagini dei decenni più vicini, quando la gloriosa Uite diventò Amt, ancora ignara, a ben vedere, di tutte le bufere che sarebbero arrivate a millennio appena svoltato, con tanto di rischi di fallimento per l'azienda di trasporto pubblico genovese, costantemente affannata tra soldi che non ci sono e servizio da garantire. Ma soprattutto, in "120 anni in movimento — Il trasporto pubblico a Genova tra economia e società", un bel libro uscito sotto Natale dagli uffici dell'Amt presieduta da Livio Ravera (a cui si deve il titolo, tra l'altro), ci sono le persone. «Quelli che i bus li guidavano, quelli che stavano in officina o magari a oliare le rotaie del tram e nonostante il lavoro che facevano, spesso durissimo, li vedi con il sorriso. E allora, il senso di questo lavoro è dedicato alle persone. E a una maniera di essere comunità, di sentirsi parte di un progetto comune» spiega Mauro Pedemonte, l'autore. Direttore Affari Generali e legali dell'azienda, e a capo dell'Archivio Storico (da cui provengono gran arte delle 374 foto del volume), Pedemonte da molti anni, da tranviere doc (entrato come autista e figlio a sua volta di un dipendente Uite)raccoglie documenti e foto e soprattutto, scrive la storia del trasporto pubblico a Genova. Questo volume, per ora circolato solo tra amministratori pubblici e addetti ai lavori, dovrebbe in tempi brevi arrivare in edicola o in libreria: non che vada a sanare i conti dell'Amt, ma sicuramente, una volta messo in vendita, il pubblico non mancherà, in particolare per questa storia per immagini di chi ha trasportato i genovesi. Con mezzi spesso all'avanguardia, ma soprattutto la capacità di essere una grande azienda. «E' innegabile che la Uite sia stata una grande realtà industriale a Genova — spiega Pedemonte — ma anche che al suo interno ci fossero delle iniziative che miravano ad una grande coesione tra i lavoratori e le loro famiglie, anche con benefici che non avevano altre categorie, a partire dai comunali». Un welfare aziendale che prevedeva, ad esempio, una Cassa Soccorso capace, negli anni ‘60, di avere convenzioni con specialisti di grande livello in tutti gli ospedali cittadini; e se le colonie per i figli dei dipendenti si chiudono con il passaggio alla municipalizzazione, con la trasformazione da Uite ad Amt (e conseguente passaggio della struttura di Crocefieschi al Comune), un incontro immancabile per le famiglie restava la festa della Befana, con i doni per tutti i bambini sul palco dell'Universale e la proiezione di un film a cartoni animati. «Ma non dimentichiamo che l'azienda si ricordava dei dipendenti, ad esempio con la festa per i trentanni di anzianità — segnala ancora Pedemonte — Ma quello che mi ha colpito, ripeto, è il senso di comunità. In tempi più lontani c'è la banda musicale, in anni più recenti trovi i vari gruppi sportivi. E quelli politici». Si, perché ad una sindacalizzazione forte dei tranvieri, corrispondeva anche l'impegno politico, con le sezioni, le cellule o i nuclei aziendali dei diversi partiti. All'interno della Uite e poi dell'Amt si vivevano le diverse stagioni della propria attività, quella del lavoro, del tempo libero e anche dell'impegno. «Ripeto — insiste ancora Pedemonte — da quelle immagini si vede un senso di appartenenza che adesso non si trova più». Sicuramente un fenomeno che riguarda la storia di tante grandi aziende, e che adesso, finiti i tempi delle grandi fabbriche e parcellizzata la presenza dei lavoratori in quelle che restano (a partire dalla stessa Amt) a Genova stride forse più che altrove.