L'inchiesta sul trasporto pubblico del Secolo XIX evidenzia le ragioni che renderebbero appetibile la gestione del Tpl ligure ai privati

Ferrovie, in Liguria è boom di ricavi. In arrivo la Gara per l’affidamento?

Ferrovie, in Liguria è boom di ricavi. In arrivo la Gara per l’affidamento?

Secondo quanto riportato nell'inchieta di Franceco Margiocco, ogni vagone farebbe incassare a Trenitalia 8 euro a chilometro, 3 in più della media nazionale

Le ferrovie liguri incasserebbero 8 euro a chilometro, incasso superiore di 3 euro alla media nazionale. Sono stime ufficiose, anche se confermate dagli addetti ai lavori nelle interviste pubblicate oggi sul Secolo XIX. Quelle ufficiali Trenitalia se le tiene ben strette insieme al traffico regionale ligure.   Con il contratto di servizio ormai scaduto, la Regione Liguria potrebbe ora decidere di dare una svolta al trasporto su ferro e di mettere a gara il servizio passeggeri. Attirerebbe così l'attenzione di molti gestori, come Arriva, la società del gruppo Deutsche Bahn, che l'anno scorso si era detta interessata al traffico ligure.   Non mancano i timori sul fatto che un nuovo gestore possa portare a tagli nelle linee meno redditizie, come la Genova-Ovada-Acqui. «Una paura del tutto infondata» secondo Guido Porta, presidente di FuoriMuro, la società che gestisce le manovre ferroviarie nel porto di Genova. «Mettere a gara il trasporto passeggeri non significa privatizzarlo. Il servizio è e rimane pubblico, perché è disciplinato dal contratto di servizio».   Il contratto di servizio ligure, scritto nel 2009, fissa in 150 milioni di euro il costo complessivo annuo del traffico passeggeri mettendolo per il 40% a carico di Trenitalia, che lo copre con la vendita dei biglietti, e per il restante 60% a carico della Regione, che trasferisce ogni anno a Trenitalia circa 70 milioni. Il nodo di Genova, con i suoi 25 mila passeggeri al giorno, si sostiene da solo, attraverso la vendita dei biglietti.   I trasferimenti regionali servono a mantenere in vita i treni sulle linee meno frequentate, come la Genova-Ovada-Acqui o la Ventimiglia-Savona. La scelta di tagliare le linee meno redditizie è indipendente da chi gestisce il servizio, e compete alla Regione. Se i treni sono troppo pochi, la responsabile è lei.   Ora il governo, come riportato nei giorni scorsi su Clickmobility, vuole privatizzare le Ferrovie dello Stato. A novembre il consiglio dei ministri ha approvato un decreto per cedere ai privati il 40% del gruppo, mentre il restante 60% rimarrà al ministero dell'Economia.   Il timore riguardo alla privatizzazione della gestione del servizio deriva da quanto avvenuto in Inghilterra, dove, come ricorda il senatore genovese Maurizio Rossi (Scelta Civica), «vennero abbandonate quasi totalmente le tratte non redditizie creando un totale abbandono di diverse zone del Paese. La soluzione parziale è stata applicata solo molto di recente e consiste in una tassa richiesta ai soggetti concessionari che viene reinvestita nelle tratte di minore interesse economico».   Per non ripetere l'errore commesso nel Regno Unito che prima, negli anni Novanta, ha privatizzato tutto, rete compresa, salvo poi rinazionalizzare quest'ultima a inizio anni Duemila dopo i risultati disastrosi, la proprietà dei binari italiani rimarrà statale. La loro gestione, invece, continuerà a far capo ad Rfi, e dunque al gruppo Ferrovie e ai suoi futuri azionisti.   Tuttavia le critiche non si arrestano, per Giancarlo Laguzzi, presidente di Federcargo, ex direttore del trasporto regionale ligure di Trenitalia si tratta, comunque di un errore: «È necessaria l'indipendenza societaria di chi gestisce l'infrastruttura rispetto a chi gestisce i servizi».   Altrimenti il personale delle stazioni, dipendente di Rfi, vivrebbe un continuo conflitto d'interessi: quando per un ritardo due treni convergono alla stessa ora su uno stesso binario, dovendo decidere a quale dei due dare la precedenza, il capostazione favorirebbe il suo, di Trenitalia, non quello di un ipotetico concorrente.   Gli alti ricavi di Trenitalia in Liguria suppone Margiocco nella sua inchiesta sul Secolo XIX odierno, sono dovuti anche alla non altissima qualità dell'offerta: vecchio materiale rotabile, offerta insufficiente, treni spesso affollati.   Le gare dovrebbero servire a migliorare la qualità del servizio, ma l'unica gara locale che sia riuscita a produrre un po' di vera concorrenza è quella della provincia autonoma di Bolzano. Le altre o hanno avuto come unico partecipante l'attuale monopolista, vedi il caso Emilia-Romagna, dove Trenitalia ha vinto in cordata con una società pubblica locale, Tper, oppure, come accaduto in Liguria ai tempi della prima giunta Burlando, sono morte sul nascere per i troppi ostacoli.   Uno degli scogli più difficili da superare è la manutenzione: la Liguria ha un unico impianto per la manutenzione dei treni, a Savona. I treni della Genova-Milano fanno manutenzione nell'impianto di Alessandria. Questo finché Trenitalia continuerà a gestire il servizio in entrambe le regioni. Se domani non fosse più così , e in Liguria ci fosse un nuovo gestore, i suoi treni continuerebbero a fare manutenzione nell'impianto alessandrino di Trenitalia? Verosimilmente no, andrebbero tutti a Savona. Sempre che Trenitalia, proprietaria dell'impianto di Savona, sia d'accordo.   Un altro problema riguarda i biglietti: un viaggiatore che da Torino parte per Camogli, oggi compra alla biglietteria di Torino (più della metà dei viaggiatori italiani continua a preferire il biglietto di carta su quello elettronico) due biglietti, uno da Torino a Genova, l'altro da Genova a Camogli. Domani potrebbe essere costretto ad accontentarsi del primo, e a comprare il secondo soltanto una volta arrivato a Genova correndo in biglietteria e rischiando di perdere la coincidenza.   Sono due problemi superabili, ma servono regole chiare: come l'obbligo da parte di Trenitalia di vendere o affittare l'impianto di manutenzione a chi le subentra, e di erogare per conto terzi, trattenendo una percentuale dell'incasso, il biglietto.   E i dipendenti, sono previste clausole sociali? "Liberalizzare significa – sostiene Emanuele Vender in un'intervista pubblicata dal Secolo XIX – fare di più con meno. Oggi il servizio regionale di Trenitalia dà lavoro in Liguria a circa 800 persone che in caso di affidamento del servizio a un altro gestore migrerebbero in blocco verso il nuovo datore di lavoro". Si chiama clausola sociale: la ditta che si aggiudica l'appalto s'impegna ad assumere il personale del precedente gestore, ma non necessariamente con lo stesso orario di orario di lavoro. Vender lo dichiara molto diplomaticamente: "Senza le informazioni che saranno messe a disposizione con il bando, è impossibile aprire quanto alta sia la produttività attuale". Traduzione: se la produttività è bassa, l'alzeremo.   L'opinione di Margiocco, frutto dell'analisi approfondita del contesto ligure nel suo insieme, è che "se i politici vogliono tenersi stretti i voti dei sindacalisti, dei lavoratori di Trenitalia e anche dei suoi fornitori, che hanno tutto l'interesse a trattare con un monopolista dalle spalle larghe, rinunceranno alla gara. Senza gara la politica vive molto più comoda". Staremo a vedere come andrà a finire.

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