La Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che gli stati membri possono procedere contro i servizi proposti da Uber Pop senza dover notificare preliminarmente i provvedimenti adottati
“Gli Stati membri possono vietare e reprimere penalmente l’esercizio illegale dell’attività di trasporto nell’ambito del servizio UberPop senza dover previamente notificare alla Commissione il progetto di legge che stabilisce il divieto e le sanzioni penali per tale esercizio”. Lo ha stabilito oggi la Corte Ue con una sentenza, precisando che il servizio Uber Pop rientra nel “settore dei trasporti” e non in quello dei servizi digitali, che invece richiederebbe una notifica in base alla direttiva “società dell’informazione”. Gli Stati membri, dunue, possono prevedere sanzioni per organizzazioni, tipo Uber Pop, che mettono in contatto, attraverso un'applicazione per smartphone, conducenti non professionisti e clienti che vogliono spostarsi nell'area urbana, senza obbligo di avvisare preventivamente la Commissione Ue. Tale sistema va, infatti, qualificato come un servizio di trasporto escluso dall'ambito di applica zione della direttiva servizi. La Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza depositata ieri nella causa C320/16 (Uber France) amplia il margine di intervento degli Stati che possono considerare illecita l'organizzazione e prevedere sanzioni, direttamente opponibili ai singoli, senza passare attraverso il via libera di Bruxelles proprio perché questi sistemi vanno qua lificati nell'ambito della disciplina sui trasporti e non in quella sulla prestazione di servizi. In definitiva, per i giudici del Lussemburgo i Paesi membri non hanno un obbligo di notificare in via preventiva alla Commissione la decisione di adottare regole sanzionatorie come previsto dalla direttiva 98/34 sui servizi della società dell'informazione. Il servizio di intermediazione – scrivono i giudici nella sentenza – in questi casi è parte integrante di un servizio complessivo «di cui l'elemento principale è un servizio di trasporto». Pertanto, per la Corte non va applicata la direttiva sui servizi della società d'informazione, né la 2006/123 sui servizi nel mercato interno. Con la conseguenza che le autorità nazionali guadagnano spazio nel fissare divieti e sanzioni, senza obblighi di notifiche preventive a Bruxelles.