I vertici di AGENS interpellati dal Il Sole 24 Ore illustrano la difficile situazione dell’intero settore e individuano la possibile uscita dalla crisi.
“Il settore dei trasporti vive una situazione delicata. Oltre alla necessità e urgenza di maggiori risorse è necessario un cambio di paradigma. Serve una trasformazione del sistema con un progetto di aggregazioni che favorisca la creazione di campioni nazionali. Il nostro deve diventare un vero e proprio settore industriale, oggi sconta un’eccessiva frammentazione che lo rende vulnerabile.”
Così Arrigo Giana, Presidente di Agens nell’articolo pubblicato dal quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” nell’edizione di domenica 10 marzo.
Una dichiarazione, quella del Presidente di AGENS, che illustra il diffuso malessere che colpisce un settore che conta 900 imprese 114.000 lavoratori e un giro d’affari di circa 12 miliardi di euro.
“Il Tpl – dichiara Giana – oggi è ben lontano dall’essere in buona salute, anzi. Lo dicono le imprese, lo dice la politica, lo dicono infine anche gli esperti: il Covid prima e lo smart working poi hanno inferto un durissimo colpo alla domanda. E il Fondo nazionale trasporti, coni suoi 5 miliardi di euro,è diventato di anno in anno una coperta sempre più corta peri costi sostenuti dalle troppe aziende, polverizzate, costrette al nanismo,e che però garantiscono un servizio essenziale”.
Il nodo centrale è quello dello delle risorse insufficienti: “Servono 1,6 miliardi di euro in più – spiega Fabrizio Molina, direttore generale di Agens -. 700 milioni per l’adeguamento all’inflazione e altri 900 milioni per sottoscrivere il rinnovo contrattuale degli autoferrotranvieri che chiedono un aumento delle retribuzioni del 18%: senza questi soldi il sistema rischia il collasso”.
Sul banco degli imputati il Fondo nazionale creato nel 2012 e definito “strumento arruginito” che neanche la riforma del settore ( D.L. N 50 del 2017) è riuscito a correggere le distorsioni del sistema di finanziamento: il Fondo, nonostante i diversi criteri di ripartizione, la liberalizzazione del settore e la disincentivazione dell’affidamento diretto introdotti dal Decreto continua a erogare i finanziamenti alle Regioni sulla base di una vecchia tabella che fotografa la spesa storica.
Una situazione infine certificata anche da ISFORT che, spiega Carlo Carminucci, direttore della ricerca di Isfort interpellato dal quotidiano, presenta un panorama frastagliato ( liberalizzazioni a macchia di leopardo e adozione di un modello economico non adatto alle sfide che il Tpl deve affrontare): “il pubblico – dichiara – dovrebbe investire nel Tpl e il privato dovrebbe ricorrere al mercato per autosostenersi. In Italia l’indicatore dell’elasticità della domanda di Tpl (fatturato) al Pil, è pari a 0,40 che, rileva Isfort,è meno della metà della media Eu27, oltre quattro volte inferiore a quello delle Germania e oltre tre volte inferiore a quello della Spagna. Traduzione: in Italia le politiche pubbliche non sono in grado di strappare il settore al ruolo di Cenerentola continuandoa relegarlo a bene inferiore.”
(fonte: Il Sole 24 Ore)