l'Alta magistratura contabile, pur rilevando che i “risultati gestionali per l'esercizio 2007 mostrano segni di deciso miglioramento” fa notare come la ricerca dell'equilibrio dei conti “resta fortemente condizionata dall'intervento statale e dalla scansione dei tempi e della misura della contribuzione”
Urge un adeguamento del capitale di Trenitalia del Gruppo FS. E' quanto rileva la Corte dei Conti nella relazione sulla gestione finanziaria Ferrovie dello Stato Spa per gli esercizi 2007 e 2008, spiegando che persiste "la precaria situazione finanziaria di Trenitalia, che registrava, a fine 2008, un indebitamento netto di oltre 5.811 milioni di euro a fronte di un patrimonio netto di 1.169 milioni di euro, malgrado i notevoli miglioramenti intervenuti nei conti economici degli ultimi 2 anni".
Il biennio 2007/2008 ha rappresentato un periodo di svolta nella gestione del Gruppo Ferrovie dello Stato. La situazione di grave deficit strutturale del Gruppo, registrata alla fine dell’esercizio 2006, chiuso con una perdita complessiva di 2115 milioni di euro e addebitale per oltre il 90% a Trenitalia, è stata pressoché totalmente risanata sotto il profilo gestionale nell’arco dei due anni; nonostante che il bilancio di Gruppo, al termine del primo dei due esercizi considerati (2007), abbia registrato un risultato netto negativo di 409 milioni di euro, di cui (-) 403 di pertinenza di Trenitalia.
L’effetto tangibile del processo di razionalizzazione e risanamento, avviato verso la fine del 2006, si è reso manifesto con l’approvazione del bilancio di Gruppo 2008, che ha registrato un sia pur simbolico utile, pari a circa 16 milioni di euro.
Significativo è che il riequilibrio della gestione, previsto nel Piano industriale 2007-2011 come obiettivo del 2009, sia stato conseguito con un anno di anticipo, a conferma del notevole sforzo compiuto da tutte le componenti del Gruppo, sotto la guida e il coordinamento della Holding.
L’azione di risanamento gestionale è confermata dal ritorno in attivo del margine operativo lordo, risultato superiore al miliardo di euro al termine dell’esercizio 2008; dalla riduzione dei costi operativi, diminuiti del 6,1% nel biennio, anche per effetto di una notevole riduzione delle unità di personale, passato da 98000 a 89000 addetti all’ inizio del 2009; infine, dall’aumento, ancorché contenuto (+ 1,7 %) , dei ricavi operativi.
I risultati positivi ottenuti non possono tuttavia far dimenticare che nel Gruppo persistono aree di debolezza e che il processo di risanamento deve essere consolidato, per conferire all’azienda elementi di certezza e stabilità nella sua attività finalizzata a fornire servizi adeguati alla clientela. Tale cautela è indotta dalle preoccupazioni – più volte espresse anche dai vertici aziendali – relative alla situazione debitoria del Gruppo, che ha superato, al termine dell’esercizio 2008, i nove miliardi di euro, con oneri finanziari gravanti sul conto economico per 440 milioni di euro nell’anno.
A tal proposito, la Sezione ha sottolineato il persistere della precaria situazione finanziaria di Trenitalia, che registrava, a fine 2008, un indebitamento netto di oltre 5811 milioni di euro a fronte di un patrimonio netto di 1169 milioni di euro, malgrado i notevoli miglioramenti intervenuti nei conti economici degli ultimi due anni. Al riguardo è stato sottolineato che la prima e più urgente azione da intraprendere, per non compromettere la continuità aziendale – la cui necessità è stata rimarcata anche dal Collegio dei sindaci e dalla società di certificazione del bilancio – è quella dell’adeguamento del capitale della società di trasporto, anche per evitare di incorrere, a breve, in una nuova operazione di riduzione e ricostituzione del capitale sociale ex art. 2446 del codice civile, come già verificatosi nel corso del 2008 a causa delle perdite verificatesi nei due anni precedenti.
Altro settore bisognoso di urgente intervento è quello della Divisione Cargo di Trenitalia, che oggi presenta un proprio conto economico negativo per i motivi ampiamente evidenziati nella relazione e che, essenzialmente, sono riconducibili a un notevole calo della domanda dei servizi resi; anche in conseguenza dell’attuale andamento negativo dell’economia, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud, dove risulta pressoché assente la concorrenza di operatori “privati”, a causa del persistere di una situazione dell’infrastruttura ancora inadeguata per poter rendere un servizio efficiente.
Infine, è stata evidenziata la necessità che il Gruppo e, per esso, segnatamente Trenitalia, produca uno sforzo, gravoso e difficile da realizzare nel contesto di una situazione finanziaria difficile come quella evidenziata, per assicurare in tempi non più procrastinabili un servizio di trasporto passeggeri a livello regionale – ma anche, seppur meno avvertito, a livello di tratte a media/lunga percorrenza – accettabile in termini di soddisfazione dell’utenza, sia a bordo treno – con l’azzeramento o almeno una forte attenuazione dei disagi che hanno finora caratterizzato il servizio universale – sia con una maggiore frequenza dei treni destinati al trasporto dei cosiddetti “pendolari”, penalizzato, oltre che dalla cronica insufficienza di risorse finanziarie, che non ha consentito un adeguato rinnovo del materiale rotabile, da una scarsa efficienza dei servizi di bordo, spesso apparsi inadeguati alle esigenze degli utenti/clienti.
In tale contesto, un contributo al miglioramento dei servizi universali potrebbe essere assicurato, oltre che da un adeguamento dei corrispettivi – sensibilmente inferiori a quelli erogati alle analoghe imprese di trasporto di altri paesi europei (Francia e Germania) – e da un allungamento della durata dei contratti di servizio che, indipendentemente dalle modalità di affidamento – diretto o di tipo concorsuale – appare un elemento indispensabile per qualunque operatore che disponga di risorse da investire con la ragionevole certezza di un ritorno in termini di redditività.
Nel quadro delle analisi e delle problematiche da affrontare avuto riguardo alle tante opportunità/criticità presenti nel Gruppo, un argomento che riveste una sicura valenza strategica è rappresentato dalla attualità del modello di Governance, e quindi organizzativo societario, al momento utilizzato.
Come è noto, a seguito della trasformazione in spa dell’ Ente Ferrovie dello Stato, avviata con la delibera Cipe del 12 giugno 1992, vi sono state rilevanti modifiche nella struttura organizzativa, che ha portato il Gruppo ad assumere la configurazione attuale, incentrata in una holding con funzioni di direzione, coordinamento e controllo, da cui dipendono direttamente società di secondo livello (RFI, Trenitalia, ecc.); configurazione dimostratasi nei fatti efficace, ove si considerino i positivi risultati conseguiti nell’ultimo biennio.
La Corte ha anche condiviso l’opportunità – sottolineata anche dal Collegio Sindacale e dal Revisore esterno –che il Piano industriale 2007-2011 costituisca oggetto di valutazione da parte dell’Azionista, la cui mancata pronuncia ne ha di fatto condizionato l’efficacia quale punto di riferimento operativo, influendo in termini di certezza e di affidabilità delle strategie e dei progetti che il vertice aziendale intende portare ad attuazione.
Le decisioni che il CdA dovrà concordare con quest’ultimo non potranno non comprendere, oltre all’evoluzione del piano industriale, anche lo stesso modello di governance, al fine di renderlo – sotto il profilo sia contabile, sia gestionale – maggiormente aderente allo scenario concorrenziale ormai di prossima attuazione; scenario che, come già avvenuto in altri settori simili nel campo dei servizi, obbligherà il “Regolatore pubblico” a distinguere tra servizi di rete e servizio passeggeri/merci, laddove la parte infrastrutturale dovrà necessariamente essere considerata indipendente dall’influenza degli operatori concorrenti.Manu Mich. – clickmobility.it