Diffusi i dati sulla relazione della Sezione centrale di controllo sui sistemi di trasporto rapido di massa e tranvie veloci nelle aree urbane

Roma.  La Corte dei Conti: inadeguati i sistemi di trasporto rapido di massa

Roma.  La Corte dei Conti: inadeguati i sistemi di trasporto rapido di massa

La magistratura contabile rileva “il ritardo rilevantissimo dell’Italia rispetto agli altri paesi europei per estensione, qualità e numero di passeggeri delle reti di trasporto” il settore inoltre “soffre di una mancanza di scelte strategiche e, al tempo stesso, di un eccesso di regolamentazione”

E' decisamente inadeguata rispetto alla domanda L'offerta italiana di trasporto pubblico.
A stabilirlo arrivano i dati diffusi dalla Corte dei Conti.
I dettagli sono parte integrante della relazione stilata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, che fa il punto su come si presentanto i sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata e di tranvie veloci nelle aree urbane secondo i dettami della legge n. 211/1992.

La magistratura contabile rileva “il ritardo dell’Italia rispetto agli altri paesi europei per estensione, qualità e numero di passeggeri delle reti di trasporto rapido di massa a guida vincolata e di tranvie nelle aree urbane è rilevantissimo”.

“Assai lontano appare il riequilibrio modale a favore del trasporto collettivo, in grado di aggredire i problemi strutturali del traffico e dell’inquinamento in città attraverso un’offerta di trasporto pubblico capillare con adeguate prestazioni qualitative. Ciò si deve, in parte, alla non sufficiente quantità di risorse impegnate”.
Secondo i magistrati della Corte dei Conti questa tipologia di trasporto “soffre di una mancanza di scelte strategiche e, al tempo stesso, di un eccesso di regolamentazione”.

La legge n. 211/1992 – si legge nelle note diramate dalla Corte – si è posta l’obiettivo di migliorare gli standard di offerta del trasporto rapido di massa urbano, al fine di irrobustire la crescita del processo di riequilibrio modale, attraverso l’incremento quantitativo dei servizi, il miglioramento delle prestazioni qualitative – da perseguirsi anche con il rinnovo delle flotte – e il potenziamento delle infrastrutture dedicate, in particolar modo il ferro.

Tuttavia, la mancanza di strumenti adeguati di definizione strategica e di programmazione degli interventi a livello urbano ha finito per alimentare politiche discontinue e spesso incoerenti nella regolazione e nella gestione della offerta, che si sono concretizzate, spesso, in ripensamenti da parte delle amministrazioni locali sui vari progetti.

Il numero modesto degli interventi e la lentezza nella progressione degli stessi – fanno notare i magistrati – risultano dovuti anche ad altre cause:
– carenza di finanziamenti e di somme certe a disposizione,
– blocco dei rifinanziamenti della legge,
– farraginosità delle procedure legislative e amministrative,
– mancato coordinamento dei diversi centri decisionali,
– difficoltà economiche di finanziamento da parte degli enti locali – anche per l’assenza del coinvolgimento dei privati nella promozione, finanziamento e gestione -,
– problemi legati agli affidamenti, nuovi approcci alla realizzazione dei lavori pubblici, passaggio – per talune opere – dalla logica della legge n. 211/1992 a quella della legge obiettivo,
– carenze progettuali, mal funzionamento delle strutture di scopo incaricate della realizzazione delle opere,
– assenza di tempi certi di presentazione, approvazione e cantierizzazione delle opere.

A quasi vent’anni dall’entrata in vigore della legge, gli interventi conclusi sono risultati solo 22.
In una congiuntura favorevole all’incremento dei passeggeri trasportati e dei ricavi, l’offerta non pare adeguarsi prontamente alla nuova domanda di trasporto pubblico. In tale contesto, anche l’attività di stimolo, di coordinamento, di controllo, ispettiva e di monitoraggio del Ministero è risultata meno incisiva di quella prevista dalla normativa.
Esemplare, in tal senso, la vicenda dei pagamenti effettuati dalla Cassa depositi e prestiti senza il previsto nulla osta ministeriale e di cui il Ministero ha avuto contezza solo recentemente.

Suscita perplessità, con riguardo ai mutui stipulati con la Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito, il fatto che ingenti somme, pari all’intero capitale sottoscritto, vengono versate su conti vincolati ed infruttiferi – fa rilevare la Corte dei Conti -.
Poiché lo svincolo di queste è legato ad apposita autorizzazione da parte del Ministero in seguito all’avanzamento dei lavori, si determina un’immobilizzazione consistente di denaro per molti anni, per di più in assenza di interessi attivi in grado di contenere il costo complessivo
dell’intervento.
Appare incongruo un sistema che immobilizza ingenti finanziamenti,destinati ad un programma generale, vincolandoli ad un’opera specifica.
In una congiuntura in cui le risorse sono assai limitate, la giacenza di molte di esse inutilizzate non giova al raggiungimento dell’obiettivo dello sviluppo del trasporto rapido di massa, né alle finanze dello Stato, che paga rilevanti interessi passivi a vantaggio del sistema bancario. E’ necessario valutare, pertanto, strumenti più snelli di gestione delle risorse che ne permettano un uso tempestivo.

Nelle scritture contabili della Ragioneria generale dello Stato non si è proceduto all’aggiornamento derivante dal ridimensionamento dell’onere sui mutui accesi, permanendo l’indicazione dei residui nell’originaria misura prevista, inoltre, gli impegni annuali non risultano conseguentemente decurtati – si legge nella nota diffusa dalla Corte -.
La rappresentazione contabile, oltre a non essere aderente alla realtà, genera perplessità in sede di analisi finanziaria, conducendo a conclusioni erronee. Tali fattori di ridimensionamento non sono stati rilevati in sede di accertamento residui. Risulta indefettibile, per il futuro, una più tempestiva comunicazione delle variazioni al competente Ufficio di bilancio per l’aggiornamento costante delle scritture contabili, affinché le stesse rappresentino in maniera puntuale la sottostante realtà sostanziale.
Le rinegoziazioni dei mutui, dilazionati nel tempo, potrebbero produrre, nell’avvenire, problemi di copertura finanziaria. Infatti, pur prendendosi atto che tale pratica ha portato ad una diminuzione degli impegni annui nel breve periodo – per un importo di euro 23.774.705,67-, tuttavia, protraendosi fino a 30 anni il periodo di durata dei mutui, nel lungo periodo potrebbe presentarsi l’evenienza evocata.Manu Mich. – clickmobility.it

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