Il provvedimento del Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tar di Catanzaro annullando l'affidamento diretto impugnato, sottolinenando che era dovere del Comune bandire una gara d’appalto specifica per il servizio di trasporto in oggetto, condizionato ad uno specifico contratto di servizio con specifici oneri e determinate remunerazioni
Ruota attorno alla differenza fra concessione e appalto la sentenza n. 2531/12 della quinta sezione del Consiglio di Stato.
La sentenza ha stabilito che un Comune non può procedere all’affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico qualora non si proceda con uno specifico contratto di servizio.
Le disposizioni del regolamento n. 1370/07 si applicano soltanto nel caso in cui i contratti di servizio pubblico per la fornitura e gestione di servizi di trasporto di passeggeri assumono la forma di concessione di servizi, così come definita dalle Direttive 17 e 18 del 2004.
In caso contrario, ovvero se i contratti assumono la forma dell’appalto pubblico, ad essi si applicano le disposizioni di cui alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (alle quali è stata data attuazione nell’ordinamento interno con il cd. Codice appalti, D. lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
In buona sostanza la differenza tra le due modalità di aggiudicazione dei contratti pubblici ruota attorno a questo punto: nella "concessione", l’impresa concessionaria eroga le proprie prestazioni al pubblico e, pertanto, assume il rischio della gestione dell’opera o del servizio, in quanto si remunera, almeno per una parte significativa, presso gli utenti mediante la riscossione di un prezzo; sotto il profilo economico, il settore in cui opera l’impresa è chiuso al mercato, totalmente o parzialmente, sulla base di disposizioni di carattere generale e l’ingresso dell’operatore deve avvenire tramite un provvedimento amministrativo (concessione, appunto).
Nell’appalto, invece, le prestazioni vengono erogate non al pubblico, ma all’Amministrazione, la quale è tenuta a remunerare l’attività svolta dall’appaltatore per le prestazioni ad essa rese.
Nel caso dei trasporti, l’impresa che fornisce l’opera o il servizio non supporta, quindi, l’alea connessa alla gestione dell’opera o del servizio, sicché, venendo a mancare l’elemento rischio, la fattispecie non è configurabile come concessione, bensì come appalto di lavori o di servizi, pertanto il servizio deve essere affidato mediante gara d’appalto specifica.
Nel caso di specie, dove risulta che il Comune si era rivolto direttamente all’azienda di trasporti che operava presso un Comune limitrofo, ottenendo in maniera un po' artificiosa proprio l'utilizzo di una linea grazie al prolungamento di un percorso già esistente, prendendosi in carico solamente le spese relative al servizio erogato nel proprio territorio.
E come cita la sentenza "nel caso di specie, dunque, dove risulta agli atti che l’attività in oggetto è condizionata ad uno specifico contratto di servizio ove si impongono specifici oneri e determinate remunerazioni, previste con riguardo al singolo operatore, risultando insufficiente una mera concessione che abilita l’operatore economico a svolgere il servizi sulla base di predeterminate regole generali, ci si trova di fonte alla nozione comunitaria di contratto di servizio, dunque ad una situazione che lo stesso regolamento del 2007 pone sotto l’egida della disciplina degli appalti pubblici, con i conseguenti oneri di attivazione delle necessarie procedure competitive".
Il provvedimento del Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tar di Catanzaro n.00898/2011, annullando l'affidamento diretto impugnato, sottolinenando che era dovere del Comune bandire una gara d’appalto specifica per il servizio di trasporto in quanto risultava agli atti che l’attività di trasporto era condizionata ad uno specifico contratto di servizio con specifici oneri e determinate remunerazioni riguardo l’operatore.
In allegato la sentenza n. 2531/12 del Consiglio di Stato