Il rapporto Cgil: "Bus fermi, stipendi giù e debiti ancora alle stelle"

Atac, il rapporto della Cgil descrive l’agonia di un’azienda

Atac, il rapporto della Cgil descrive l’agonia di un’azienda

 Oggi in Comune il nuovo piano industriale, Di Berardino: serve una società unica dei trasporti regionali

ATAC, la grande malata di Roma: è il quadro che emerge dal rapporto che la Filt Cgil Roma e Lazio e la Cgil Roma e Lazio hanno illustrato ieri, alla vigilia della presentazione del piano industriale dell'azienda capitolina prevista per oggi in Consiglio comunale.   Un piano che, per il sindacato, ricadrà sulle spalle dei lavoratori, tanto più che «non c'è stato alcun confronto con le parti sociali», spiega Alessandro Capitani, segretario generale Filt Cgil Roma e Lazio, che poi ha illustrato le condizioni in cui versa l'azienda: dal 2011 gli utili sono scesi del 27%, i debiti sono aumentati di quasi l'8% e i costi generali di 2,8%, al contrario dei costi per il lavoro, diminuiti del 2,3%, ovvero mille euro all'anno per dipendente.   Per il sindacato, il risparmio è andato solo a danno dei lavoratori: ci sono meno vetture in giro (13 milioni i chilometri percorsi in meno rispetto a tre anni fa) ma i costi per utenze e carburante sono cresciuti di oltre 15 milioni.   Non stupisce che i ricavi del 2013 siano scesi di quasi 12 milioni, da oltre 545 a poco più di 533, mentre cresce mediamente di oltre il 30% la quantità di vetture ferme o indisponibili: 76 su un parco di 167 ad Acilia, 84 su 164 a Porta Maggiore, 40 su 60 a Trastevere, addirittura 23 su 30 a Montesacro.   Eppure, spiegano dal sindacato, erano state concordate alcune mosse per risanare l'azienda romana: ripensare i turni, riorganizzare il personale, razionalizzare la rete, assegnare premi obiettivo, ridurre stipendi a dirigenti.   Niente di tutto questo, secondo Capitani, è stato fatto; e anche abbattere i costi di Atac sarebbe possibile, se solo venisse adottato il piano di azione per l'energia sostenibile di Roma Capitale approvato dal Consiglio comunale e mai applicato. Secondo il sindacato le responsabilità sono da ricercare nel forte indebitamento cresciuto anno dopo anno, nella mancanza di strategia e nel conflitto istituzionale sulla gestione del trasporto.   Al contrario, per rilanciare l'Atac occorre «riprendere in mano il controllo e la pianificazione». Soprattutto perché nel 2014 i fondi assegnati dal ministero al Lazio per il trasporto pubblico sono stati oltre 570 milioni, l'11,6% del totale. Solo la Lombardia ha ricevuto di più, circa 850 milioni.   Secondo Claudio Di Berardino, segretario generale Cgil Roma e Lazio, «se effettivamente vogliamo voltare pagina, bisogna che nasca un'unica azienda regionale che si occupi di trasporto e manutenzione, con dentro Ferrovie dello Stato, Cotral e Atac, capace di dare più servizio, migliorarlo e rivedere il sistema degli appalti».   Per arrivarci, il sindacato propone di creare un'agenzia, un polo manutentivo e un bacino unico per tutta la regione, oltre a un nuovo accordo che preveda un «ridimensionamento delle agibilità sindacali, eliminando il turno ad hoc degli attivisti».   Ma la Cgil avanza un altro problema, il futuro dell'azienda: «Ciò che vorremmo capire dal piano industriale – conclude Capitani – è se l'amministrazione è intenzionata a tener fede agli accordi che prevedono l'affidamento diretto del servizio fino al 2019, data in cui è prevista la liberalizzazione del comparto».   Un dubbio preciso, specie alla luce delle recenti dichiarazioni dell'amministratore delegato di FS Michele Elia, che si è detto pronto a rilevare quote dell'azienda. Anche la politica nazionale si muove: il deputato pd Umberto Marroni ha presentato ieri un'interrogazione al ministro dell'Economia sulle intenzioni del governo.

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