In tempi rapidissimi un arbitrato le diede ragione: la società del Comune ha dovuto pagare anche un milione di spese legali Nel 2009 l'azienda privata che gestisce le linee di trasporto periferiche chiese all'Atac un sovraccosto di oltre 70 milioni. Il caso analizzato da Mauro Evangelisti per il Messaggero
La procura ha aperto un'inchiesta sulla richiesta di Roma Tpl (il privato che gestisce le linee periferiche dei bus) di 70 milioni di euro all'Atac. Lo ha rivelato il sindaco Ignazio Marino. Ha spiegato, parlando alla trasmissione tv Pane Quotidiano: «Negli anni passati c'era una azienda privata che forniva il trasporto pubblico insieme all'Atac che ad un certo punto dice "vogliamo più soldi". E il Comune, invece di dire no, decide di darle 70 milioni. Ho portato le carte al procuratore Pignatone e ho saputo che anche su questo è stata aperta un'inchiesta». E' la sintesi di una storia assai complicata, culminata con il pignoramento da parte di Roma Tpl dei beni dell'Atac. E che racconta anche una insolita difficoltà a difendersi, una sorta di sorprendente referenza, del Campidoglio e delle Municipalizzate quando si tratta di rapportarsi con alcuni privati. L'Ama in passato non è stata molto brava a controbattere alle richieste di Cerroni, che con due lodi chiede quasi un miliardo di euro. Anche per questa vicenda la procura ha aperto un'inchiesta. Ma torniamo alla ricostruzione dello strano contenzioso tra Atac e il privato, per il quale Roma Capitale vede raddoppiare il conto mentre l'azienda è a una fermata dal default. La storia comincia nel 2005: Atac indice una gara per la gestione della rete periferica (durata iniziale 3 anni). Vince Tevere Tpl (oggi si chiama Roma Tpl e ha come soci Umbria Mobilità, Cotri e Vt Marozzi). Il primo gennaio 2006 entra in vigore il contratto che prevede un corrispettivo triennale di 187 milioni di euro più Iva. Il contratto dura più del previsto e viene chiuso il 31 maggio 2010, quando sempre Roma Tpl si aggiudica una nuova gara. Ma ecco la sorpresa il 29 gennaio 2009: «Tevere Tpl – ha spiegato nei giorni scorsi l'assessore alla Mobilità, Guido Improta – sulla scorta della clausola compromissoria contenuta nel capitolato tecnico ma non riportata nel contratto dove le parti invece riconoscevano l'esclusiva competenza del Foro di Roma per ogni controversia, notifica ad Atac una domanda di arbitrato». In sintesi: secondo Tevere Tpl va riconosciuta una revisione dei prezzi. L'Atac, allora guidata dal presidente Tabacchiera e dall'ad Gabuti, invece di fare notare che il contratto non lo prevedeva, accetta l'arbitrato, nomina il proprio arbitro, e in un tempo che Importa definisce «record», si insedia il collegio. Il consulente tecnico dà ragione a Tevere Tpl e il lodo dice all'Atac: devi pagare. «Di fatto – allargano le braccia oggi in Campidoglio – il rischio assunto da Tevere Tpl si è riversato su Atac». Ecco, dunque, il conto da 70 milioni. L'Atac avvia un'impugnativa alla corte d'Appello, ma nel 2014 Tevere Tpl vince di nuovo, in compenso l'azienda si trova a dovere pagare un altro milione allo studio legale incaricato di seguire la vicenda (il nuovo ad Broggi ha contestato la parcella). A causa degli interessi, intanto, il risarcimento oggi tocca i 115 milioni di euro. La nuova gestione Atac ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, nell'attesa il tribunale a maggio ha emesso un decreto ingiuntivo, al quale Atac si è opposta in Corte d'appello (e proprio oggi ci sarà l'udienza, alla quale parteciperà anche il sindaco Marino).