Fallita la vendita, cura dimagrante per il gruppo trasporti
A Palazzo Civico, forse, si sono rassegnati. Dopo due anni di tentativi e tre gare andate a vuoto – senza contare quelle nemmeno partite per desolante assenza di pretendenti – la vendita di Gtt per ora è stata archiviata. Dopo la rinuncia del gruppo anglo-tedesco Arriva (il 23 dicembre) e di Trenitalia (il 24) di cessione non si parlerà più per un po'. Tuttavia, se dal suo insediamento l'amministrazione Fassino ha ininterrottamente cercato un partner privato per l'azienda di trasporto locale, un motivo c'è. Anzi, ce ne sono diversi: rimpinguare le pericolanti casse della città, trovare risorse per fare fronte ai tagli al finanziamento pubblico sul trasporto, assicurare un servizio dignitoso senza spendere come qualche anno fa, anzi spendendo il meno possibile. Siccome nessun privato è interessato a Gtt l'unica è fare da sé: risparmiare e riorganizzare. A cominciare dai dipendenti. Che – a causa di gestioni passate un po' allegre sono troppi: 5 mila. I più anziani verranno accompagnati alla pensione. Uscite a gennaio Mentre il Comune cercava di vendere l'azienda, il presidente di Gtt Walter Ceresa, insieme con i suoi collaboratori, ha preparato un piano di salvataggio, da rispolverare se le cose fossero andare male. Così è stato: a gennaio Gtt chiederà a 150 lavoratori – quadri e funzionari – di farsi da parte. È l'obiettivo minimo, ma i numeri potrebbero crescere se altri in età da pensione, o quasi, si facessero avanti per concordare l'uscita anticipata. A fine 2015, tra addii prematuri e naturali, gli addetti potrebbero scendere anche del 5%. «E noi potremmo fare qualche innesto mirato: autisti, giovani, professionalità specifiche», annuncia Ceresa. È raro che un'azienda pubblica locale avvii un piano di riduzione del personale sul modello dei privati. In questo caso è una scelta obbligata e necessaria per correggere errori del passato e storture del presente. Con i pesanti tagli al finanziamento al trasporto pubblico Gtt ha bisogno di una drastica cura dimagrante per sopravvivere senza pesare troppo sulle tasche dei torinesi. E la prima voce su cui incidere è il personale: per i suoi 5 mila dipendenti l'azienda spende 230 milioni l'anno su un bilancio di 460 milioni. La metà dei ricavi vanno in stipendi. Un livello insostenibile: basti pensare che il Comune spende per il personale «solo» il 30% del suo budget. Gare e risparmi Il piano di prepensionamenti garantirebbe – al minimo sindacale, ovvero 150 addii – risparmi per 3-4 milioni, evitando misure molto più impopolari come il taglio a qualche linea di bus. E sarebbe un tassello da aggiungere ai 30 milioni che l'azienda ha risparmiato quest'anno facendo efficienze e mettendo a gara tutto il possibile, mentre in precedenza spesso forniture e lavori venivano affidati direttamente. La concorrenza ha garantito notevoli risparmi, basti pensare alle polizze assicurative per i mezzi, su cui Gtt ha quasi dimezzato la spesa: da 14 a 9 milioni l'anno. Un'alternativa alla cura dimagrante forzata ci sarebbe: rendere più appetibile l'azienda. Come? Mettendo in vendita la quota di maggioranza della società, il 51% o addirittura l'80. Oppure garantendo più poteri e margini di manovra ai privati. A quel punto la situazione sarebbe chiara: i privati gestirebbero l'azienda e il Comune manterrebbe una funzione di controllo. È un'opzione già abbozzata, anche dal sindaco. Finora, però, nessuno ha avuto il coraggio di portarla avanti, sfidando le resistenze della politica e del sindacato oltre che la scontata (e comprensibile) ostilità dei lavoratori di Gtt.