Per Roberto Sculli del Secolo XIX sono tre i colossi papabili, uno dei quali apertamente candidato. "Un altro paio alla finestra, e almeno due possibili outsider". Quindici anni di contratto e tre miliardi di euro (circa) di finanziamento pubblico. La rivoluzione del trasporto pubblico non risparmierà i laboratori, e le sigle sindacali per la prima volta si dividono su questo fronte
Sembra un destino segnato, lo sbarco di grandi società con il cuore all'estero nella gestione del trasporto pubblico locale a tutti i livelli. Entro l'inizio del 2016 anche in Liguria dovrebbero aprirsi nuovi scenari sul sistema del trasporto pubblico. Le società interessate alla gestione sono grandi gruppi privati, nell'orbita dei più influenti Stati d'Europa. Gruppi di Stato dunque che, a differenza di gran parte di queli italiani, risultano in grado di aprirsi al mercato e di crescere a dismisura, nel giro di pochi anni. Accumulando così una forza d'urto tale da poter guardare agli altri Paesi, "che non riescono più a reggere con le vecchie logiche, come a un terreno di conquista", secondo quanto riportato dal Secolo. Dopo anni di annunci, la rivoluzione è qui: un marchio solo e un'unica mente, per tutti i bus, da Imperia alla Spezia. Questo è il percorso indicato dalla legge di riforma strutturale approvata alla fine del 2013, che ha eliminato i cinque bacini storici – a ciascuno corrisponde un'azienda, oggi – in favore di uno soltanto. E gestire questo sistema è quanto metterà in palio la gara che la Regione si appresta a pubblicare. Obiettivo: affidarsi al nuovo gestore unico, che erediterà mezzi e personale delle aziende attuali, entro la fine dell'anno. La sfida è epocale e porterà cambiamenti, per gli utenti un milione e mezzo gli abitanti, buona parte dei quali si servono dei mezzi pubblici, con un picco a Genova – e per i 4.300 che nelle cinque consorelle oggi lavorano. Un solo biglietto, linee disegnate per un unico sistema e non per farsi concorrenza. Queste sono alcuni dei mutamenti annunciati. Ma soprattutto è un traguardo di risanamento ad aver trainato la riforma. Che intende porre fine alla gestione a tratti scriteriata degli ultimi decenni, con aziende costantemente in perdita e voragini ripianate a piè di lista. La gara, da questo punto di vista, è destinata a rompere un circolo vizioso. Cioè, chi compra e chi offre il "prodotto" sono sempre stati la stessa cosa, perché le aziende che operano nei territori sono di proprietà degli enti che acquistano il servizio per i cittadini. "Un sistema chiuso, privo di concorrenza: così come il Comune di Genova compra il servizio da Amt, al 100% dello stesso Comune, così succede, e da sempre, anche nelle altre province. Un cortocircuito che ha prodotto disastri e fagocitato una marea di fondi pubblici." Come riporta Roberto Sculli su Il Secolo XIX. Ora, se tutto questo è dimostrato, oggi si tratta di testare l'alternativa. Al via, dopo un percorso faticoso di oltre un decennio, osteggiato da mille particolarismi, mancano soltanto due tasselli. Il primo passo è stato fatto in Regione, con la firma dell'accordo (solo da due sigle: la Faisa e la Cisl) sul fondo da 10 milioni stanziato dalla Regione Liguria. Lo strumento per un'ultima, grande migrazione di lavoratori, che dovrebbe restituire a chi prende in mano le redini un complesso "alleggerito" e più tagliato sulle effettive necessità. L'altra tessera fondamentale sono i cosiddetti accordi di programma. Cioè gli impegni che i vari enti pubblici firmano per garantire, negli anni, un certo livello di risorse a sostegno del settore. La prospettiva, in questo caso, è di 15 anni (la gara è per 10 anni più un'opzione per altri 5). E avere certezze finanziarie, è chiaro, è essenziale per la solidità e credibilità del bando. Gli stanziamenti «Per quanto ci riguarda, il livello di risorse attuale sarà confermato», spiega il presidente della Regione, Claudio Burlando, per cui l'operazione sarà uno degli ultimi atti della sua lunga amministrazione. Il contributo regionale vale 123 milioni l'anno. «Al contempo – spiega – le aziende hanno tempo per trattare gli esodi con i sindacati: le uscite saranno indolori e il sistema ne uscirà fortificato». L'altra architrave finanziaria della gara sono i fondi di Genova, una trentina di milioni l'anno (tutti gli altri enti locali messi assieme, tolte le Province, valgono 17 milioni): «È l'unica firma che manca», dice Burlando. La somma del contributo pubblico dà il valore del bando: 3 miliardi. Per il Secolo XIX i principali gruppi interessati alla gara sarebbero Arriva e Busitalia, segue a una certa distanza Ratp, compagnia statale francese, che a Genova ha fatto una fugace apparizione prima che Marta Vincenzi decidesse di riacquisire il 100% delle quote di Amt, chiudendo la parentesi dei privati. Altri giganti, a oggi, paiono meno interessati, ma potrebbero rientrare in gioco. Molto dipenderà dalle condizioni del bando. La lista degli outsider non è molto lunga, date le capacità di investimento richieste: nella lista figurano Keolis, altra società francese, come Veolia Transdev, primo gruppo mondiale del settore, nato da una fusione, la stessa che ha portato Ratp a subentrare nelle quote detenute in Amt proprio a Transdev. Improbabile ma non impossibile il coinvolgimento di First, un altro colosso britannico. E il sindacato? A quanto pare si prepara alla Gara diviso in due tronconi, con un accordo – quello sul fondino da 10 milioni per gli esodi – firmato da due sigle su cinque. Non accadeva da 15 anni in liguria che il fronte sindacale si frantumasse, con Faisa e Cisl da una parte e l'abbandono del tavolo da parte di Cgil, Uil e Ugl. Se questo è il punto di partenza, quello d'arrivo, in questa marcia separata, potrebbe risentirne molto, perché i presupporti per una conflittualità già si prospettano all'orizzonte. L'Amt di Genova è centrale anche da questo punto di visto. Alla fine dovrà pur scegliere: le cifre odierne dicono che non c'è armonia nei costi e nella produttività dei dipendenti delle cinque aziende. Soprattutto oltre una certa soglia di anzianità, a Genova gli autisti guadagnano di più rispetto ai colleghi liguri. Per chiunque si aggiudichi la gara, sarà ineveitabile arrivare a un'omogeneizzazione di trattamenti e condizioni di lavoro.