L'approfondimento sul limite dei trenta scritto da Michela Dell'Amico, giornalista e videomaker per Wired

Città: perché il limite dei 30 km/h è fondamentale

Città: perché il limite dei 30 km/h è fondamentale

Si parla spesso di imporre un limite serio alla velocità delle auto, ma amministrazioni e cittadini si mostrano pavidi. Eppure c’è una città in Europa che frena le auto a 30 km/h, e vive molto più felice di prima

Milano sta sperimentando tutta una serie di novità per mettere un freno all’uso dell’auto, e la cosa crea non pochi malumori tra i milanesi. Le critiche alla giunta Pisapia sono numerose e aspre in particolare su questo punto: molte delle persone di sinistra che conosco e che lo hanno votato alle ultime elezioni ingoiano il rospo e giurano vendetta, specie riguardo l’idea che l’attuale amministrazione abbia reso impraticabile il traffico, l’abbia peggiorato, rallentandolo e aumentando gli ingorghi, senza grandi miglioramenti dal punto di vista ambientale.   La cosa non mi trova affatto d’accordo: per togliere le auto dalle strade (ricordiamo che la Lombardia è la regione più motorizzata d’Italia, e l’Italia è il Paese più motorizzato d’Europa) serve tempo, e serve rendere sconveniente l’uso dell’auto. Multe, forti limiti di velocità, aree pedonali e dissuasori servono, col tempo, allo scopo. E non c’è un’altra via. In tutto il nostro Paese si è spesso parlato di interventi come il limite di 30 km/h, ma mi risulta che il tentativo milanese sia il primo degno di nota.   Per ora si parla della zona Navigli, tra le più belle e simboliche zone di Milano, che si sta lentamente convertendo al nuovo obbligo, e vedremo se un limite così stringente sarà anche fatto rispettare. Credo e spero di sì, mentre arriva da Edimburgo la conferma dell’importanza di misure come questa: imporre alle auto di rallentare diminuisce gli incidenti, incoraggia l’uso delle bici, difende i pedoni, migliora la salute pubblica e la vivibilità delle città.   Si può dare un’occhiata a questa mappa per verificare quanta parte della bella Edimburgo sia già operativa nell’imporre il limite dei 30 km/h (l’80%), compreso tutto il centro storico. Le arterie più trafficate consentono comunque di procedere non oltre i 60 km/h.   Il cambiamento è stato motivato in Scozia da dati che valgono ovunque: il 13% di tutti gli incidenti è dovuto alla velocità, responsabile del 20% di tutte le morti in strada. Infatti, riportano le statistiche considerate dall’amministrazione scozzese, il rischio di un incidente mortale per un pedone è dell’1% se il limite di velocità si ferma a 30 km/h, e sale al 30% se il limite si alza a 60 km/h. A 3 anni dall’entrata in vigore di queste nuove norme, un sondaggio ha stabilito che la percentuale di abitanti che considera pericoloso andare in bici è passata dal 26 al 18%; mentre i bambini che oggi vanno a scuola in bici sono passati dal 4 al 12% (al 22% se si considerano quelli di 4° e 5° elementare); le strade accolgono un numero di bimbi che è passato dal 31 al 66%; i viaggi in bici sono aumentati del 5%, a piedi del 7%, e le auto sono diminuite del 3%. Facile immaginare l’impatto sulla vivibilità e la sicurezza, oltre che sulla salute pubblica.   La cosa è per noi particolarmente interessante perché, proprio come l’Italia, e in particolare proprio come la Lombardia, la Scozia ha dovuto affrontare un serio problema di inquinamento dell’aria, e ha spesso sforato i limiti comunitari. Al contrario dell’Italia però, la Scozia ci ha lavorato e ci lavora seriamente, e oggi coglie i risultati, mentre continua a intensificare i propri sforzi, che uniscono severi limiti di velocità a infrastrutture dedicate alla mobilità sostenibile, sana e pulita; puntando, come tutto il Regno Unito, al 10% di tutti gli spostamenti in bici entro il 2020.   La mossa di Edimburgo incoraggia i suoi vicini, e per esempio Dundee e Glasgow si stanno muovendo sulla stessa rotta, con forti limiti di velocità alle macchine. A differenza di noi, però, e questo è un aspetto importante che deve farci pensare, gli abitanti di Glasgow hanno reagito raccogliendo firme per estendere la zona “slow” al circuito commerciale, anche se alcune resistenze sono state messe in atto – anche qui – da categorie ovunque poco avvezze ai cambiamenti, come i tassisti.   In generale tuttavia, l’amministrazione scozzese può contare sul sostegno di un bel 60% dei propri cittadini: e, voglio dire, pensiamoci quando ci viene da incolpare sempre e comunque le amministrazioni se le cose – per esempio in tema di mobilità sostenibile – da noi non funzionano. E pensiamoci anche la prossima volta che sentiamo parlare di polveri sottili e malattie mortali.

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