Nella sua attività Uber deve affrontare quotidianamente la sua ambiguità rispetto alle leggi vigenti, le proteste e le aggressioni dei tassisti, i tentativi dei regolatori di escluderla dal mercato e da un po’ di tempo a questa parte deve guardarsi anche da amici come Google
Non è facile la vita del disruptor, se non ci si copre le spalle, pur avendo avuto un’intuizione geniale, si rischia di rimanere distrutti. C osì l’applicazione californiana che fa concorrenza ai taxi attraverso autisti che ti raggiungono dopo un clic sullo smartphone è pronta per comprare deCarta, un piccolo produttore di software per mappatura. Si tratta della prima importante acquisizione della società fondata da Travis Kalanick, che fino ad ora aveva preferito investire per espandersi a livello internazionale e per abbassare le tariffe per penetrare nei nuovi mercati. La scelta di acquisire le mappe di deCarta serve ad Uber per affrancarsi dalle mappe di Google e va vista nell’ottica della guerra strisciante con Big G, che pure ha investito oltre 250 milioni in Uber e ha un suo uomo, David Drummond, nel board della app di taxi di lusso. I rapporti tra Mountain View e San Francisco si sono incrinati quando circa un mese fa Bloomberg ha diffuso l’indiscrezione secondo cui Google sta lavorando a una propria app di car-sharing analoga a Uber, che unita al progetto ampiamente annunciato di una driverless car, ovvero di un veicolo autonomo senza autista, ha mandato nel panico quelli di Uber. Un competitor con i soldi e le competenze di Google, che tra le altre cose ti toglie le mappe, mette davvero paura. E passare dalla startup che è cresciuta in maniera più vertiginosa a quella che crolla più rapidamente, il passo non è molto lungo. Anche se successivamente l’indiscrezione di Bloomberg è stata ridimensionata, visto che attraverso il Wall Street Journal Google ha fatto filtrare la notizia che l’app sarebbe ad uso interno per facilitare ai dipendenti l’arrivo a lavoro e che il progetto è completamente slegato dalla driverless car, dalle parti di Uber non hanno sottovalutato un rischio potenzialmente letale e hanno messo in piedi diverse iniziative per rendersi più autonomi dagli amici-nemici di Mountain View. Negli stessi giorni in cui Bloomberg parlava della potenziale app di Google, Uber annunciava una partnership con la Carnegie Mellon university di Pittsburgh e la creazione di un “Uber Advanced Technologies Center” vicino al campus per sviluppare nuove tecnologie nel campo della sicurezza, della mappatura e un progetto di driverless car analogo a quello di Google. Sempre negli stessi giorni il chief product officer di Uber Jeff Holden aveva fatto sapere che la compagnia stava lavorando a sistema proprietario di mappe, che evidentemente renderebbe l’eventuale divorzio e la concorrenza di Google più semplici da affrontare. Ed è così che si è arrivati all’acquisizione di deCarta, i cui dettagli non sono ancora noti. Si tratta comunque di una piccola società, di circa 40 dipendenti, che non è in grado di sostituire Google. Si tratta di un primo passo verso una maggiore autonomia, ma Big G è ancora troppo importante per Uber. Kalanick ha tanta benzina nel motore, ma per ora senza le mappe di Google non saprebbe dove andare.