Riportiamo la lettera di Maximiliano Ulivieri inviata alla redazione bolognese di Repubblica

#ugualmentemobili “Quando l’impreparazione degli autisti ci fa sentire handicappati”

#ugualmentemobili “Quando l’impreparazione degli autisti ci fa sentire handicappati”

La lettera di un disabile che a Bologna non è riuscito a salire su un autobus: "Non mi posso incazzare con nessuno per quello che sono, ma non vi perdono queste cose"

Ieri mi sono sentito un handicappato. Uso questo termine al posto del politically correct “diversamente abile” perché di “correct” ieri ho visto ben poco. Direte voi: ma tu lo sei un handicappato! Certo. Lo sono. Ogni giorno. Ma ci sono momenti in cui me lo sbattete in faccia ancor di più. Come dice l’amica Sofia, è la società che ci fa sentire handicappati. Se tutto funzionasse a dovere i nostri handicap non sparirebbero dal corpo ma dalla percezione che abbiamo di essi, sì. E ieri a quella fermata del bus a Bologna mi sono sentito handicappato. Anzi. Mi avete fatto sentire handicappato.   Non mi posso incazzare con nessuno per quello che sono. Non posso perdonare nessuno per il mio handicap perché non saprei chi sia il colpevole. Ma per ogni volta che mi fate sentire un handicappato so chi è il colpevole: voi. E non ve lo perdono.
 
Ore 16 di Martedì 7. Ho un appuntamento importante alle 16 e 30. Già. Pure gli handicappati hanno degli appuntamenti importanti. Via Irnerio. Un bel sole ma un vento freddo. Primo bus, il 28, passa dopo 10 minuti. Ha il simbolo della carrozzina, cosa che dovrebbe tranquillizzare un disabile ma ben si sa che un disabile tranquillo non può mai stare. Ha la pedana elettrica.   L’autista prova a farla uscire. “Forse è troppo alla pari con il marciapiede, vado più avanti dov’è più basso”. Si sposta, la gente che urla “no, dove va!” e io a tranquillizzarli “lo fa per me, ora si ferma”. La pedana esce, mi rilasso. No, la pedana rientra. Ci riprova. Esce. Rientra. L’autista si avvicina sconsolato “non va”. Ok. Devo aspettare il prossimo.
 

Sono le 16 e 20. Farò tardi all’appuntamento. Chiamo la persona che mi aspetta e spiego il motivo per cui farò più tardi. Cresce il mio sentirmi handicappato. Arriva dopo 10 minuti un altro 28. Anche questo con la pedana elettrica. Il tipo prova ad azionarla ma questa neanche esce dal suo scomparto. Vado verso la parte del posto di guida.   Lo vedo premere con vigore dei tasti. “Scusi – faccio io – di solito chiudono tutte le porte prima di fare uscire la pedana”. “Non importa, funziona pure così”. Sarà. Intanto non va. “E’ già il secondo bus che non riesco a prendere e faccio tardi…”. “Ma l’ha mai usata prima?”. Chiedo così nel senso di capire se gli funzionava o no. Lui invece si sente offeso e risponde “Se non si fida è un problema suo”. Chiude le porte e se ne va.
 
La gente mi guarda. Fa freddo. Ormai sono le 16 e 35. Richiamo la persona che mi aspetta. L’appuntamento lo spostiamo alle 18 e in un posto dove non sia costretto a prendere il bus.
 
Torno verso casa. Mi viene in mente il secondo autista. Mi capita spesso di vederli impacciati a usare queste pedane (e non stiamo a ripetere che “le manuali sono meglio” perché in tutta Europa hanno solo le pedane elettriche) e mi chiedo se, forse, non sarebbe utile un bel corso di preparazione agli autisti. Magari seguito da un corso di empatia.   Sì, perché se io già mi sento handicappato nel dover perdere appuntamenti a causa vostra, poi devo pure sorbirmi la tua incazzatura per il mio nervosismo. Scusami. Ti chiedo scusa. Lo so. Sono un tipo molto paziente. Calmo. Ogni tanto però non resisto. Tranquilli. Ci lavorerò sopra e cercherò di essere ancora più paziente. Nel frattempo però vedete di evitare di ricordarmi che sono un handicappato. Non me dimentico mai. Anche grazie a voi.

Poche ore dopo la pubblicazione della lettera, Maximiliano riceve la telefonata dell'assessore regionale ai Trasporti Raffaele Donini, che lo ha chiamato per approfondire la vicenda.   Tanto che chiederà spiegazioni all'azienda di trasporti Tper. "Il suo caso mi ha molto colpito – dice l'esponente della giunta Bonaccini a Repubblica – e per questo l'ho chiamato. Sia alla giunta, sia Tper, interessa la qualità del trasporto per le persone diversamente abili. Mi sono subito attivato con Tper per fare una ricognizione della tecnologia a disposizione dei mezzi".

In serata anche l'assessore alla Mobilità del Comune di Bologna Andrea Colombo lancia un messaggio su Facebook per commentare l'accaduto. E, per prima cosa, si scusa:   Caro Maximiliano Ulivieri, mi dispiace molto per quello che ti è capitato e credo ti siano dovute in ogni caso delle scuse, al di là delle responsabilità specifiche per una pedana malfunzionante o per il comportamento (inadeguato, per come lo racconti, al servizio pubblico che svolge) da parte di un autista, fra i tantissimi che invece ogni giorno fanno bene il loro lavoro e dedicano la giusta attenzione ai passeggeri con disabilità.
Ho già chiesto a Tper di approfondire e chiarire quanto accaduto, se per caso oltre alla linea e all'orario hai segnato anche il numero di matricola dei bus fammeli avere per agevolare la verifica.
La nostra azienda di trasporti – è giusto darne atto – sta aumentando mese dopo mese i bus dotati di pedana handicap (elettrica o manuale che sia) e dello spazio a bordo riservato alle carrozzine, arrivando attualmente a coprire oltre il 70% dei mezzi sul servizio urbano e suburbano, una delle percentuali più alte – e civili – in Italia.
Ma da questo episodio è chiaro che l'infrastruttura non basta, alla fine sono le persone a fare la differenza, e su questo vogliamo continuare a lavorare insieme: con te, con le persone disabili, con le loro associazioni, con Tper, con i suoi lavoratori.     Incassa i buoni propositi Maximiliano Ulivieri, che su Facebook rilancia:
  Accetto le scuse. Non amo allungare le diatribe, preferisco risolvere le problematiche.

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