La conferma arriva dallo stesso Del Rosso nel corso dell'appuntamento di confronto - tenutosi a Venticano - con i parlamentari irpini ed i rappresentanti delle aziende dell'indotto

«Ex Irisbus, servono 31 milioni per ripartire»

«Ex Irisbus, servono 31 milioni per ripartire»

C'è il progetto definitivo per la reindustrializzazione dello stabilimento della ex Irisbus: giovedì, l'amministratore unico Stefano Del Rosso presenterà gli incartamenti presso gli uffici di Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa

Riportiamo l'analisi di Michele De Leo sul Mattino sulla questione Ex Irisbus.   La newco Industria italiana autobus è pronta a presentare un piano di 31 milioni di euro, otto in più rispetto a quanto previsto a causa di problematiche strutturali: «Prima di lasciare, la Cnh industrial ha tagliato i tubi che portavano l'aria all'interno dello stabilimento, mentre il tetto, senza un intervento di manutenzione straordinaria, non reggerebbe il peso dei pannelli solari».   Una buona fetta dei 250 milioni che il Governo ha messo a disposizione dei contratti di programma potrebbe, dunque, essere dirottata in valle Ufita. Del Rosso ci tiene, però, a fare un'altra differenziazione con la vecchia proprietà dello stabile: «Per costruirlo hanno ottenuto ottanta miliardi a fondo perduto e hanno beneficiato di altri otto milioni di euro solo pochi mesi prima dell'annuncio della chiusura.   Noi auspichiamo di ottenere 31 milioni di euro, dei quali 25 dovremmo restituirli con gli interessi». C'è fiducia per l'approvazione di un progetto «al quale hanno lavorato solo aziende irpine». Le nuove linee produttive saranno «moderne ed all'avanguardia, secondo un modello innovativo studiato con la Toyota». Del Rosso accoglie le sollecitazioni dell'indotto della ex Irisbus e risponde alle domande sul piano industriale e sul possibile coinvolgimento del tessuto di piccole e medie imprese locali poste da Cristina Ferraro e Gabriella Testa.   «Non siamo un indotto morto – evidenzia quest'ultima -. Saremmo potuti andare molto facilmente all'estero, ma resistiamo e siamo disponibili a farci conoscere ed avviare i contatti con la Industria italiana autobus: ci presentiamo con le nuove tecnologie, gli investimenti fatti e la collaborazione che c'è sempre stata con la ex Irisbus, anche se la Confindustria, in questi ultimi mesi, ci ha spesso ignorato sulla vertenza».   Del Rosso conferma quanto anticipato, al «Mattino»: «Saremo pronti a rivolgerci alla qualità della manodopera delle aziende del territorio dopo aver riempito le nostre linee produttive e il fabbisogno dell'azienda. Potremmo farlo anche prima per lavorazioni particolari».   Quindi focalizza l'attenzione sul piano industriale che «è tarato sui livelli produttivi degli ultimi anni ma siamo pronti a rivederlo nel caso di un intervento sul settore dei trasporti». «Il piano – continua – è preciso e dettagliato e prevede, entro il 2017, la produzione di 500 autobus annui. Il range di prodotti deve essere completo: gli urbani realizzati a Bologna in tutte le declinazioni, anche elettrici, mentre i mezzi con motorizzazione anteriore e i 6,80 metri con motorizzazione posteriore saranno realizzati in valle Ufita unitamente alle carpenterie e ai sottogruppi degli urbani». Del resto, «la capacità produttiva dello stabilimento di Bologna, che abbiamo già saturato per l'anno in corso, è di 160 mezzi. Lo stabilimento di valle Ufita è il nostro braccio armato».   L'obiettivo di questa fase è quello di recuperare commesse e, in tal senso, l'amministratore unico della Industria italiana autobus evidenzia come «anche il Governo turco, dove la nostra azienda ha vinto una commessa di 200 mezzi, chiede di realizzare il prodotto sul territorio. Crediamo nell'Italia, nell'Irpinia che sa e vuole produrre autobus: per questo mi auguro che i 700 autobus della commessa Atac possa vincerli l'unica azienda italiana». Quello di Del Rosso è un riferimento, nemmeno troppo velato, agli impianti produttivi per la produzione del Citelis che la Cnh industrial ha trasferito da valle Ufita in Sud Africa e che «difficilmente produrranno esclusivamente per il continente africano».

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