DriveNow pronto al debutto

Milano car sharing, entra Bmw Attesa per il nuovo bando

Milano car sharing, entra Bmw Attesa per il nuovo bando

Venerdì via al confronto sulle regole L'incontro Il 13 e 14 novembre allo spazio Ex Ansaldo il dibattito sulla Milano Sharing City

Bando comunale per il car sharing che scade a luglio prossimo, da qui a febbraio l'amministrazione punta a riscrivere le regole del gioco, cercando di superare le problematiche emerse durante questo triennio – si legga la querelle sul rincaro del pioniere Car2go per chi abita fuori dal centro – e di aggiornare la realtà dell'auto in condivisione a un contesto generale oggi mutato rispetto al 2013. Da venerdì, in occasione dell'evento Milano Sharing City allo spazio ex Ansaldo, le linee guida comunali verranno discusse in dettaglio, con focus su confini del servizio, integrazione tra operatori e incentivi per le auto elettriche.   Ma c'è già una certezza. La partecipazione al bando 2016 del car sharing DriveNow di Bmw, operatore bocciato a inizio 2014 da Palazzo Marino proprio perché voleva limitare il servizio al solo centro storico oltre che per ritardi sui tempi dell'avvio del servizio, ma oggi presente in Germania, Austria, Svezia, Danimarca e Stati Uniti (con l'elettrico).   «Valutiamo il mercato italiano e le città di Milano e Roma» aveva confermato il membro del cda di Bmw Peter Schwarzenbauer nell'assemblea di marzo. Conferme arrivano oggi, nonostante non esista ancora una struttura italiana di DriveNow né un quadro normativo di riferimento. Il servizio, tuttavia, dovrebbe essere quello diffuso all'estero, con i primi 30 minuti a tariffa fissa e poi scatti ogni 60 secondi come i concorrenti. Molto dipenderà, appunto, dalle regole, di cui si inizierà a parlare venerdì e sabato all'evento sponsorizzato, guardacaso, da DriveNow. Così come per i modelli su strada, che all'estero sono Serie 1, x1, Mini e gli elettrici i3 e ActiveE.   Salvo sorprese, le Bmw andranno dunque ad aggiungersi alle Smart di Moovel (Daimler), alle Fiat 500 di Enjoy (con Eni), alle Volkswagen Up di Twist (della famiglia Guaitamacchi), alle elettriche Zd (del gruppo Geely motors, il colosso cinese che ha rilevato della Volvo) di Share'ngo (che gestisce le 28 isole digitali del Comune) – oltre alla flotte di GuidaMi (passato il mese scorso da Atm ad Aci global) e l'elettrico eVai (integrato con Trenord e appena ampliato) – in uno scenario cittadino piuttosto affollato peraltro non (ancora) giustificato da ritorni economici significativi. «A Milano, a regime, c'è spazio per massimo due operatori» ripetono da uno dei marchi. Basti pensare che Car2go a fine 2013 (con soli quattro mesi di attività) registrava un fatturato di 1,57 milioni di euro e una perdita di 1,9 milioni e nel 2014 un giro d'affari di 9,19 milioni a fronte di perdite vicine ai sei milioni di euro.
Anche Twist faceva registrare perdite nel primo bilancio, del 2014: 16mila euro a cui si erano sommati i costi delle sistemazioni, circa 300 mila euro, dopo i numerosi furti (dei tablet Samsung) e vandalismi subiti. Sempre in rosso, finora, anche i bilanci del primo gestore in città, GuidaMi. Continua dunque la corsa delle case automobilistiche al car sharing milanese (e non solo), inteso più come potente veicolo di marketing – oltre che ottima maniera per accedere agli incentivi europei per le quote «green» di produzione – che non come fonte di ricavi. E in attesa delle regole.

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