In queste ore è stato diffuso il Rapporto Pendolaria di Legambiente che da anni fotografa la situazione del trasporto ferroviario in Italia. Anche quest’anno, come da migliore tradizione, sono emerse
In queste ore è stato diffuso il Rapporto Pendolaria di Legambiente che da anni fotografa la situazione del trasporto ferroviario in Italia. Anche quest’anno, come da migliore tradizione, sono emerse le croniche differenze sulla qualità e quantità del servizio tra nord e sud e tra linee principali e secondarie.
Nel rapporto 2024 fari puntati sulle vere necessità del Mezzogiorno e allo stato dei servizi ferroviari, che confermano il pessimo stato, e sulle linee peggiori d’italia con un approfondimento dedicato al Ponte sullo Stretto di Messina.
Emerge, inoltre, il passo indietro nell’adozione di politiche tese ad incrementare la mobilità su ferro (efficace strumento per contenere e ridurre le emissioni di CO2 come previsto dall’Accordo di Parigi): nell’ultima legge di bilancio approvata lo scorso dicembre, infatti, per la prima volta dal 2017 non sono stati neanche previsti fondi per il trasporto rapido legato a metro, tramvie, e filovie, così come per la ciclabilità e la mobilità dolce.
Nel grande dimenticato, il Mezzogiorno d’Italia, emerge che le corse dei treni regionali e l’età media dei convogli sono ancora distanti dai livelli del resto d’Italia. Al Sud i treni sono più vecchi, l’età media dei convogli è di 18,1 anni, in calo rispetto a 19,2 anni del 2020 e dei 18,5 del 2021, ma ancora molto lontana dai 14,6 anni del nord. Due i casi record di “anzianità” dei parchi rotabili: in Molise l’età media è di 22,6 anni, in Calabria 21,4 anni.
Quattro delle dodici linee ferroviarie peggiori, segnalate da Legambiente nel 2024, si concentrano al Sud, tra conferme e nuovi ingressi: le ex linee circumvesuviane (142 km, ripartiti su 6 linee e 96 stazioni, che si sviluppano intorno al Vesuvio, sia lungo la direttrice costiera verso Sorrento, sia sul versante interno alle pendici del Monte Somma, fino a raggiungere Nola, Baiano e l’Agro nocerino sarnese), la linea Catania- Caltagirone-Gela, e come new entry la linea Jonica che collega Taranto e Reggio Calabria, la linea adriatica nel tratto pugliese Barletta-Trani-Bari.
Altra nota dolente, riguarda le linee ferrovie chiuse e sospese ormai da anni: come quella della Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) o quelle delle linee a scartamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 11 anni e dove non vi è alcun progetto concreto di riattivazione.
In Sicilia sono 1.267 i km di linee a binario unico, l’85% del totale di 1.490 km, mentre non sono elettrificati 689 km, pari al 46,2% del totale. Imbarazzanti i tempi di percorrenza: ad esempio per andare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando 4 treni regionali. In tutto ciò il dibattito pubblico e le risorse economiche per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno sembrano ruotare attorno alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina con una spesa complessiva autorizzata di 11,63 miliardi di euro, suddivisi in 9 anni. Un’opera definita più volte da Legambiente inutile e insensata e dal forte impatto ambientale e paesaggistico.
Qui puoi scaricare la versione integrale del Rapporto 2024