Domenica 17 novembre 2024 presidio a Roma in occasione della Giornata Mondiale in memoria delle Vittime sulla Strada, insieme a flash mob in diverse città italiane anche nei giorni successivi.
Promossa dalle principali associazioni italiane dei familiari delle vittime sulla strada, ambientaliste, per la mobilità sostenibile e organizzazione sindacali, la mobilitazione nazionale prende il via con il presidio di domenica 17 novembre ore 10.30 a ROMA, in concomitanza con la Giornata Mondiale in memoria delle Vittime sulla strada. Seguiranno nei giorni successivi flash mob in diverse città dal Nord al Sud Italia.
Le proteste sono contro la riforma Salvini del Codice della strada che, secondo le organizzazioni promotrici delle manifestazioni di protesta, “è un Codice della Stage, forte con i deboli e debole con i forti: allenta le regole e i controlli per auto e camion mentre toglie spazi sicuri a pedoni e ciclisti, peggiora la sicurezza per tutti gli utenti della strada, attacca la mobilità sostenibile e toglie autonomia alle città”.
Ma anche contro la Legge di bilancio 2025, che taglia 154 milioni di investimenti su sicurezza stradale e mobilità sostenibile.
L’impianto della riforma – dichiara in un comunicato FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta – è molto chiaro: debole con i forti, dando maggiore libertà di circolare ai veicoli a motore, i cui guidatori secondo i dati Istat causano il 94% degli incidenti e il 98% dei morti, e forte coi deboli, restringendo viceversa le misure in favore di pedoni, ciclisti, bambini e persone anziane, che sono la maggior parte delle vittime nelle città. E’ una riforma pericolosa: ad esempio, limita gli autovelox invece che la velocità, che è la prima causa delle collisioni con morti o feriti gravi; vieta controlli automatici sulla guida distratta al cellulare, che è fra i primi fattori di incidentalità; introduce una sola multa per più infrazioni, incentivando la violazione delle regole. È una riforma dannosa: rende più difficile creare o proteggere aree pedonali, piste e corsie ciclabili, zone a traffico limitato e a basse emissioni, fondamentali per la tutela dell’incolumità e della salute delle persone nelle città; e limita l’azione dei Comuni sottoponendoli a decreti ministeriali.
In questo modo – continia la nota – la riforma ostacola la prevenzione aumentando anziché abbassare il conflitto e la violenza stradali, che già paghiamo con più di 3.000 morti e 200.000 feriti ogni anno. Riporta l’Italia indietro di 40 anni su mobilità sostenibile e sicurezza stradale, riducendo il livello di tutela della vita umana sulla strada, a danno di tutti, con qualsiasi mezzo di trasporto si muovano. Ci allontana ancora di più dal resto dell’Europa, dove già siamo al 19° posto su 27 per tasso di mortalità, andando in direzione opposta alle riforme grazie a cui gli altri Paesi lo hanno invece ridotto con successo.