Intervista a Giovanni Vesco, Assessore ai trasporti della Regione Liguria

Intervista a Vesco: “Completare il percorso verso il bacino unico regionale”

Intervista a Vesco: “Completare il percorso verso il bacino unico regionale”

Un obiettivo su tutti: «riuscire a completare il percorso verso il bacino unico regionale: sarebbe la misura ideale per migliorare, efficientare, salvare il trasporto pubblico della nostra regione, ma è ancora troppo difficile farlo capire»

Giovanni Vesco da Arcola, spezzino, 48 anni, assessore alle Politiche del lavoro e dell'immigrazione con delega ai porti e ai trasporti della Regione Liguria, ha ancora due anni di mandato per lavorarci. Si occupa di trasporti dal 2008, da quando l'allora assessore regionale Luigi Merlo si dimise per diventare presidente dell'Autorità Portuale di Genova, e ha seguito l'evolversi della crisi che ha messo in ginocchio per primo il settore del Tpl in «una terra lunga e stretta, fatta soprattutto di entroterra e valli difficili da raggiungere» dove la gomma eroga in tutto circa 60 milioni di chilometri contro i 7 del ferro. Una regione dove il reticolato ferroviario – fortuna di altri territori – è presente quasi prevalentemente sulla costa, che è solo il 10% del territorio.   Un bacino unico regionale come principale rimedio. Ma quali sono le cause all'origine della fase di grande emergenza del trasporto pubblico di questo paese? Il momento che stiamo vivendo è dettato principalmente dalla notevole riduzione di risorse che il settore ha subito dal 2010 in poi. Tra le tante, la Liguria ha pagato prezzo, si è trovata ad affrontare la necessità di efficientare il sistema, lo ha fatto con tutte e cinque le aziende che gestiscono il Tpl su gomma a livello regionale, così come lo ha fatto Trenitalia, che gestisce il trasporto su ferro.   Efficientamento come capacità di ridurre alcuni costi e tagliarne altri?
  Esatto. In questi anni poi però i tagli sono stati superiori alla buona capacità di efficientare le aziende. Oggi il Tpl è carente almeno di un miliardo e mezzo rispetto alle risorse del 2010. Consapevoli dell'importanza del servizio di trasporto pubblico – soprattutto in un territorio come il nostro – con la precedente giunta, dal 2005 al 2010, avevamo sostenuto notevolmente il settore, passando a finanziare il Tpl su gomma con 135 milioni di euro invece che 117. Oggi purtroppo siamo scesi molto.   Qual'è la situazione in Liguria? Il pubblico come sostiene il Tpl?
Oggi noi finanziamo con circa 120 milioni il trasporto su gomma e con quasi 76 quello su ferro. Un tale taglio ha comportato in alcuni casi la necessità di ridurre il servizio, e in generale un'altra scelta dolorosa: l'aumento delle tariffe. Ora come ora il sistema non sta ancora in equilibrio. Nella nostra terra lo dimostrano le realtà di Amt, a Genova, di Rti, a Imperia, della stess Atp, che gestisce il trsporto pubblico nel Tigullio. Società in cui si passa dalla cassa in deroga ai contratti di solidarietà.   In Liguria come a livello nazionale, gli enti regionali come reagiscono a problematiche del genere?
  Oggi assistiamo a una forte presa di posizione. Le Regioni non hanno mai smesso di chiedere con forza le risorse necessarie al Governo. Anche perchè non sono in grado, soprattutto in un momento in cui i tagli riguardano diversi altri settori di competenza dell'ente regionale, di gestire, coprire il taglio deciso a livello nazionale con risorse proprie.   Per la prima volta in questo Paese abbiamo visto aziende del Tpl che sono fallite. Impensabile fino a poco tempo fa.
  A livello nazionale mancano almeno un miliardo e mezzo di risorse. Parlare di aziende di trasporto pubblico locale che falliscono vuol dire dover afffrontare tutte le ricadute in termini occupazionali del caso, così come quelle in termini di copertura di un servizio essenziale – anzi un diritto essenziale – per il cittadino che è la mobilità. Rispetto ad altre realtà sul territorio nazionale, la Liguria sembra comunque reggere alle difficoltà. Lei ha più volte parlato di un bacino unico regionale come soluzione ideale per fare il bene del settore a livello ligure.
Quella del bacino unico è una proposta che nasce prima dell'evidenza di questa terribile crisi, va avanti da tempo con mille diffficoltà sia “politiche”, sia di comprensione territoriale. Accorpare le aziende e riunirle in un unico bacino regionale, sia per ferro, sia per gomma, penso sia l'unica strada praticabile. Per rafforzare le aziende più deboli, tutalare i gestori del trasporto pubblico.   Orizzonte temporale, per quanto riguarda la realizzazione di quanto previsto, “sognato” dal suo assessorato?
  Non possiamo aspettare oltre quest'anno. Perchè anche una volta istituzionalizzato, la realizzazione pratica del progetto di bacino unico non sarebbe immediata. E soprattutto perchè vorrebbe dire “omogenizzare” cinque aziende di trasporto sulle quali la Regione non può incidere, ma solo guidare nell'ambito disciplinare, incentivare.  
Il Tpl ligure necessita solo di un bacino unico regionale?
  Non solo. La Liguria – così come tutto il Paese – avrebbe bisogno di una maggiore sinergia tra ferro e gomma. Penso sia l'anello mancante sull'intero territorio nazionale: non ci sono coincidenze, non c'è una vera integrazione modale. Genova è l'unica città d'Italia in cui la metropolitana e il treno sono sullo stesso marciapiede, e questo la dice lunga. Un Tpl più efficiente – e penso alla mia realtà – deve essere più integrato, con linee molto meno lunghe, più capolinea, stazioni come punto di incontro da cui smistare in un modo più sostenibile il traffico su gomma e ferro.   Parlando di finanziamento: quale pensa dovrebbe essere il primo canale di sostentamento, per il Tpl, e verso quale futuro si sta andando?
  Si dovrebbe ragionare intervenendo sulla fiscalità generale. Oggi la fiscalità che sostiene il Tpl è piuttosto articolata. Penso alle accise sul gasolio, che hanno un doppio paradosso. Se aumentano comportano un aumento di costi anche per le stesse aziende di trasporto che dovrebbero solo beneficiare della misura fiscale. E poi non danno un gettito certo, un gettito oggi in forte calo. A livello regionale, in Liguria, abbiamo verificato una continua discesa nei consumi di carburanti.   Una maggiore lucidità nell'articolazione del sostegno pubblico, quindi.
  Non solo. Anche la messa in moto di politiche che portino le aziende a dare il proprio contributo. Come Regione Liguria, ad esempio, diamo alcuni bonus ai dipendenti vincolati al pagamento di abbonamenti ad autobus o treno. Così dovrebbero fare anche le aziende, che dovrebbero incentivare i dipendenti all'uso del mezzo pubblico, ma magari anche dare una quota per sostenere la mobilità che interessa il territorio dove operano e producono. In Italia lo fa solo qualche illuminato pioniere, in Europa lo fanno in tantissimi. Quello che è chiaro è che va trovato il modo per sostenere l'intero settore. Il tema non è più reinviabile, si rischia un'eutanasia del Tpl. Perchè meno servizio vuol dire meno passeggeri, e così meno entrate.   A livello di pianificazione – nel locale come nel nazionale – cosa sevirebbe?
  Un piano straordinario degli investimenti. Sarebbe opportuno creare le condizioni di un rilancio dell'economia. Il nostro Paese non fa un investimento di un certo spessore su treni o bus da oltre vent'anni.   Ovvero, governi più attenti?
  Limitandomi agli ultimi due esecutivi, nei confronti del Tpl vedo soprattutto sottovalutazione. Disinteresse nei confronti dell'importanza che il settore ha per i cittadini. Un atteggiamento che fa pensare si voglia andare verso un Tpl che si regola a mercato, quando è chiaro che il futuro del settore non può essere quello: oggi non esistono in Italia linee che si possano sostenere con i soli introiti da tariffa.   In Italia come in Liguria?
  Certo. Ci sono esempi virtuosi. Per quanto riguarda la nostra realtà, le nostre aziende raggiungono quasi ovunque il giusto equilibro tra introiti da tariffa e introiti da corrispettivo pubblico. In alcuni casi, addirittura si supera il 35 da tariffa. Ma non si può non pensare alle esigenze del territorio: in Liguria come in mille altre dimensioni abbiamo bisogno di un modello di servizio universale garantito con tariffe del tutto abbordabili. In questo senso in Liguria abbiamo fatto attenzione alla differenziazione triffaria, all'uso e all'incentivo degli abbonamenti.   Che territorio si rivela essere, da quel punto di vista?
  Una terra di forte fidelizzazione da parte degli utenti del Tpl. In tutta la regione si staccano migliaia di abbonamenti annuali e ancora di più a scadenza mensile. Genova poi registra numeri notevoli: sono 50.000 gli abbonati annuali, 120.000 quelli mensili. Emerge un'utenza molto attenta, esigente ma molto leale.   Da piazza de Ferrari (sede della Regione Liguria, a Genova, ndr) che Italia si scorge, per quanto riguarda il settore del trasporto pubblico locale?   Ci sono alcune regioni che per capacità economica hanno sofferto meno il periodo di crisi. Si pensi alla differenza di introiti da accisa sul carburante che c'è tra i poco meno di 6 milioni che incassa la Liguria e gli oltre cento che arrivano alla Regione Lombardia, che ha cinque volte i nostri abitanti, e ben più da dire a livello di attività economica. Lo stesso si può dire per l'Emilia, le altre realtà sono più o meno messe nella stessa condizione della Liguria. Poi però ci sono casi critici come quello del Piemonte, che ultimamente ha tagliato il 35% del traffico ferroviario, o si è trovato città in crisi come Cuneo, comune costretto a tagliare i collegamenti con Imperia: un problema di cui dovrebbe discutere insieme.   Dopo cinque anni di mandato, di quale risultato si può dire più soddisfatto?
  Aver salvato la centralità del trasporto come servizio pubblico, aver evitato la cessione ai privati di aziende. Oggi le aziende del Tpl ligure sono ancora tutte pubbliche. Un fatto positivo e troppo importante.   Eppure in tanti vedono nelle privatizzazioni il futuro del settore dei trasporti.
  C'è una scuola di pensiero molto ampia che la pensa così. Non considerando che le aziende di trasporto di oggi non sono più quelle di vent'anni anni fa, e anche il privato più agguerrito farebbe la stessa fatica (se non di più) a far fruttare un'azienda del settore di quella che già fanno gli amministratori pubblici ora. Credo alle partecipazioni, al rafforzamento delle imprese pubbliche tramite partenariato, ma non credo alla dismissione, alla possibilità che un operatore privato possa gestire le aziende che ci portano l'autobus sotto casa tutte le mattine.   Vale anche per la sua realtà territoriale?
  A Genova penso sia emblematico il caso Amt, dove il gruppo francese RATP, che nel 2004 ha rilevato il 41% di Amt, l'Azienda Mobilità e Trasporti del Comune, più che pensare al rilancio del Tpl della città e portare il valore aggiunto che ci si aspettava, ha guardato ai propri conti economici, alle clausole di tutela e ai patti parasociali di salvaguardia del proprio investimento.   Interviste a cura di Matteo Macor, Clickmobility

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